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  • Aulas, addio al Lione: anticipatore della Superlega, lascia stritolato dalla stessa arroganza

    Aulas, addio al Lione: anticipatore della Superlega, lascia stritolato dalla stessa arroganza

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Si chiude un'epoca. Jean-Michel Aulas lascia dopo trentasei anni la presidenza effettiva dell'Olympique Lionnaise. E pur mantenendo la presidenza onoraria per i prossimi tre anni, chiude di fatto un'avventura nel mondo del calcio che lo ha visto spiccare come figura dirigenziale di livello europeo. Grandezza e declino perfettamente concatenati, legati da un'ambizione di oltrepassare i limiti che in una prima fase è stata sfida vincente ma successivamente si è trasformata in peso troppo gravoso da reggere. E a dirla tutta, il suo addio non avviene nemmeno nel migliore dei modi, dato che il suo Lione viene lasciato in mani non proprio rassicuranti.

    Il nuovo proprietario, lo statunitense John Textor, ha proprio le caratteristiche di molti avventurieri che in tempo recente si sono avvicinati al mondo del calcio. Si muove rapace in cerca di affari e soprattutto mostra una certa passione per la multiproprietà. Era già comproprietario del Crystal Palace in Premier League, prima che decidesse di mettersi in proprio per fare shopping di club tra Europa e Sud America. E così ha comprato il Molenbeek, società la cui squadra milita nella seconda divisione belga, e il Botafogo che appartiene alla nobiltà del calcio brasiliano. Il Lione si associa a questi gioielli della corona (radunati sotto l'ombrello della Eagles Football Holdings Limited) e rappresenta un salto di qualità. Perché si tratta di un club che appartiene a una delle cinque leghe principali europee, e che a differenza del Crystal Palace è totalmente sotto il controllo della holding. E soprattutto perché il Lione è il simbolo di una scalata inattesa ai vertici del calcio europeo, a cui è succeduto un declino lento ma fin qui costante. Nel curriculum di acquisizioni di Textor c'è spazio anche per una che non è andata a buon fine: quella del Benfica, in Portogallo. Cosa voglia fare lo statunitense con questa lista di club, è tutto da vedere. Un'idea ce la saremmo fatta e è legata alla circolazione dei calciatori dal Sud America verso le principali leghe europee (Premier League e Ligue 1 sono già lì a disposizione), con passaggio intermedio in una lega di sviluppo qual è quella belga. Il tempo dirà.

    Per il momento il dato di fatto rimane l'uscita di scena di monsieur Aulas. Che ha provato a ritardare per quanto possibile l'arrivo di questo momento, o di garantire una successione dinastica col passaggio del club nelle mani del figlio Alexandre. Ma infine si è dovuto rassegnare a veder scivolare il Lione fuori dall'orbita familiare, dapprima nella proprietà (passata già da quasi un anno nelle mani di Textor) e adesso nella conduzione dirigenziale. E a giudicare dai tentennamenti c'è da pensare che anche in extremis Aulas avrebbe preferito una soluzione diversa. Qualcosa di maggiormente in linea con l'eredità di una presidenza che ha trasformato un club di discreta tradizione in una forza del calcio europeo. È stato sotto la guida di Aulas che il Lione ha costruito l'epopea delle 7 vittorie consecutive in campionato, fra la stagione 2001-02 e la 2007-08. Fino a quel momento i Gones non avevano mai vinto il campionato. Invece nel primo decennio del nuovo secolo hanno invece vissuto un momento di splendore internazionale che ha trovato anche un riconoscimento di natura politica: l'ammissione nel gruppo del G14, il primo nucleo di grandi club europei che pianificava la creazione di una Superlega. Il Lione di Aulas venne ammesso assieme a altri tre club (Arsenal, Bayer Leverkusen e Valencia) nel 2002, quando i soci fondatori decisero di allargare da 14 a 18 la membership. Del G14 Aulas fu eletto anche presidente nel 2007, poco prima che la compagine decidesse di sciogliersi per confluire nell'Eurepean Club Association (ECA).

    Il conferimento di questo incarico è stato un segno rilevante, poiché Aulas in quegli anni era un falco della modernizzazione del calcio. Fosse stato per lui, la Superlega si sarebbe fatta nel giro di una settimana. Non immaginava che di lì a poco l'arrivo degli emiri qatarioti al Paris Saint Germain avrebbe messo in secondo piano il suo potere sia in Francia che all'estero. Lo smorzarsi della parabola del Lione pluricampione ha fatto il resto.

    Prima o poi tutti i grandi cicli finiscono, come è stato nel caso della Juventus in Italia e come forse si appresta a essere anche in Bundesliga col Bayern Monaco e nella stessa Ligue1 col PSG. E assieme al Lione è declinata la parabola del suo presidente, che sognava in grande avendo innanzi gli scenari europei e invece si è ritrovato progressivamente in retrovia anche nel calcio nazionale. Stritolato dalla medesima arroganza superleghista di cui si era fatto portatore. È stato un grandissimo dirigente, è uscito di scena come un presidente qualsiasi. Cose che capitano.

    @pippoevai

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