Baby boom:|Fglio della crisi
La crisi che sta stritolando l’economia e di conseguenza il calcio italiano ha avuto quantomeno due meriti: ha rilanciato le idee e abbassato l’età media dei protagonisti. Nel servizio sull’età media dei nostri migliori allenatori, da Conte a Montella, pubblicato nei giorni scorsi da questo giornale, si capiva chiaramente quale fosse l’inversione di tendenza rispetto al nostro passato e anche al resto d’Europa. I big, Capello, Lippi, Ancelotti, Spalletti, Mancini e Ranieri, hanno evitato la crisi puntando a ingaggi e a incarichi di prestigio, come ct o come allenatori. Russia, Cina, Qatar (nel senso di Paris Saint Germain e Manchester City) hanno garantito gli stessi stipendi (e qualcosa di più) del calcio italiano di anni fa. Partiti loro, in panchina sono stati promossi i più giovani. Lo stesso accade in campo. Non ci sarebbe stato El Shaarawy, questo El Shaarawy, con Ibrahimovic; non ci sarebbe stato Ljajic (anche se in fatto di gol, nonostante si tratti di un attaccante, è ancora piuttosto indietro...) se la Fiorentina avesse preso Berbatov; non ci sarebbe stato Insigne con Lavezzi, né Hernandez e Dybala con Pastore (che comunque non era proprio un vecchietto), né Lamela con Vucinic. Ovviamente, senza talento nessuno di questi ragazzi sarebbe dov’è adesso, così come i migliori, anche in passato, si sono imposti nonostante la presenza di grandi attaccanti stranieri e italiani. Il fiorire di questi nuovi fenomeni induce a pensare positivo anche per la Nazionale. Prandelli ha già chiamato, fatto giocare e valorizzato attaccanti come Destro, Insigne ed El Shaarawy. Presto potrebbe toccare a Immobile, senza dimenticare che pure Balotelli rientra in questo gruppo generazionale. Oggi il traino è El Shaarawy, capocannoniere della Serie A con 10 gol, due in più di Cavani, Lamela e Di Natale, che ha quindici anni più del milanista. Se alla fine vincerà la classifica dei cannonieri, a poco più di vent’anni diventerà il secondo vincitore più giovane di tutti i tempi, dopo Giampiero Boniperti che divenne capocannoniere nel ‘48 a 19 anni e 11 mesi. La crisi di oggi, col ritorno dei giovani bomber, ci riporta agli anni Sessanta, quando Pierino Prati diventava capocannoniere a 21 anni e 6 mesi, Gigi Riva e Sandro Mazzola a 22 anni e 7 mesi, Josè Altafini a 23 anni e 2 mesi. I gol giovani hanno avuto ottimi rappresentanti anche nel decennio successivo con Pulici, Giordano e Paolo Rossi. Poi un lungo periodo dedicato ai più anziani. Tre generazioni dopo torniamo a quei tempi, a dimostrazione che il ciclo del calcio non ha mai fine.