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  • Beccantini: il lato G e il lato B

    Beccantini: il lato G e il lato B

    Il lato G

    Come a Catania, è stato un rosso, tanto folle quanto corretto, a sfigurare l’ordalia. Barrientos al Cibali, Glik nel derby. Fin lì, il Toro aveva retto alla pari. Dopo, non più. Che abbiano segnato Claudio Marchisio e Sebastian Giovinco, juventini di «cantera» e di città, è una chicca statistica che non può non far piacere, se il riferimento – per molti- resta l’undici su undici del Barcellona di domenica scorsa, contro il Levante. Viceversa, se tifate per la globalizzazione, liberissimi di fregarvene.
     
    Le vie del derby sono proprio infinite. La prima occasione – e che occasione – era capitata a Meggiorini. La Juventus, di passaggio dal 3-5-2 al 4-4-2/4-3-3, sembrava la squadra, timida e macchinosa, di San Siro. L’espulsione dello spericolato Glik ha sparigliato il mazzo. Il derby si è arreso al pensiero unico, con tutta la Juve sempre o quasi nella metà campo del Toro. La buonanima di Nils Liedholm raccontava che in dieci si gioca meglio. Ai suoi tempi, forse. Non adesso. Sono sicuro che Conte darà più importanza alla mezz’ora iniziale – sofferta, travagliata – che non al seguito. Le grandi squadre si cementano lavorando sugli errori e non sui pregi.
     
    Giovinco ha realizzato il più utile fra i suoi gol inutili, Marchisio, a 26 anni, ha confermato di essere un centrocampista moderno, completo, ora rifinitore ora stoccatore. Così così gli altri orchestrali. Rimane il problema delle palle perse, dalle quali nascono, spesso, più occasioni che azioni. Del Toro mi hanno commosso Darmian e l’applauso della curva, comunque.
     
    Un mezzo disastro, Rocchi. Il rigore sbagliato da Pirlo non è una novità, e pure su questo Conte dovrà meditare. La Juventus ha due punti in più della scorsa stagione e mercoledì a Donetsk senza Marchisio, squalificato, si gioca gli ottavi di Champions. Serve un pari. Non sarà una passeggiata.
     
     
    Il lato B
     
    Non si parla che di scossa Berlusconi, sui giornali italiani. Perché torna in lizza, perché è tornato a Milanello. Tempi duri per Al-fano e Al-legri. Occupiamoci dell’argomento più importante: il calcio. Da quando Silvio ha ripreso le sue visite pastorali, il Milan ha rimontato il Napoli, espugnato Bruxelles, sconfitto la Juventus, liquidato il Catania. Membro!
     
    Sono tutti in brodo di giuggiole, i trombettieri milanisti. Chi ricorda sommessamente al Cavaliere che il Milan due gol li aveva già rimontati a Palermo e che El Shaarawy, prima che il suo elicottero spazzolasse i prati di Carnago, di reti ne aveva già realizzate otto, rischia la scomunica.
     
    Lontano dagli eccessi – i destri: Meno male che Silvio c’è; i sinistri: Meno Silvio che male c’è – segnalo altre visite, altre scosse, non meno rivoluzionarie del nuovo numero di Boateng e di Montolivo capitano. La visita dell’arbitro Rizzoli a San Siro, contro la capolista, e quella dell’assistente Rosi al Cibali, «totalmente fuori posizione» sul fuorigioco di El Shaarawy (scritto dalla Gazzetta).
     
    Povero Catania: tra Juventus, Milan e Inter non si può dire che, alla fine del trittico, gli errori a favore (!) e a sfavore si siano compensati. Gli resta, per fortuna, il girone di ritorno: per fortuna? Il lato B del Milan sta orientando editoriali, elzeviri, analisi, commenti. Volete mettere la scoperta che Pato è un problema con il rigore ascellare di Isla? Questo fa parte dei giochi; quello fa parte del gioco. E il furtarello del Massimino cosa sarà mai di fronte agli studi danteschi del Cavaliere: «Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti»?.
     
    Domenica, Torino-Milan a vent’anni esatti dal caso Lentini (fondi neri, trasloco di azioni, serie B evitata per «grazie» ricevuto). Immagino che Berlusconi farà un’altra scappata.

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