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  • Belen Sivori è a Torino, fotograferà il Giro d'Italia: 'Nonno rivive in Dybala'

    Belen Sivori è a Torino, fotograferà il Giro d'Italia: 'Nonno rivive in Dybala'

    • Marco Bernardini

    Lo sguardo è identico a quello del nonno. Occhi malandrini che galleggiano sopra il mare di una esemplare pulizia morale. La fotografia dell’anima di un eroe magari con qualche macchia, perché nessuno è perfetto, ma assolutamente senza paura. Quella di dire, e di fare le cose in cui crede veramente difendendole a ogni costo. Lei e lui. Una generazione in mezzo a loro due  protagonisti di una storia memorabile legata da un fil rouge che parte da una città di provincia dell’Argentina San Nicholas, arriva in Italia sino a Torino, rifà il percorso inverso attraversando l’Atlantico per poi tornare nuovamente sotto la Mole Antonelliana. 

    Da due anni vive a Torino Belen Sivori. Figlia di Nestor, il primogenito di Omar il campione dei campioni, è una ventiquattrenne alla quale manca proprio nulla per, come si dice, diventare “qualcuno”. E’ bella, colta, educata e ha imparato ha usare la macchina fotografica con la leggerezza e l’abilità dell’artista. Un dono di natura del quale ne ha saputo fare professione. E’ già “inviata speciale” di una fra le più grandi agenzie di stampa, “La Presse”, che proprio a Torino vide la luce prima di invadere il mondo. Belen, martedì, partirà per seguire e “fissare” il Giro d’Italia. Tira un poco il fiato, ora, nella sua casa torinese prima di gettarsi nella mischia del pazzo mondo girino. Riflette e ricorda, tra una telefonata e l’altra con i suoi in Argentina. E’una famiglia doc, quella dei Sivori. Tutti per uno e uno per tutti, come i moschettieri del re. Quando c’è bisogno basta un minimo segnale e il gruppo si ricompatta. 

    Era accaduto anche quando Omar, il patriarca, aveva saputo che il suo figlio più giovane Humberto si era ammalato di tumore. Nestor, il papà di Belen, era a Torino. A diciotto anni giocava nella squadra Primavera della Juventus e c’è chi diceva che avrebbe potuto fare carriera anche se non avrebbe raggiunto le vette dl babbo. Ci mise un attimo a preparare il bagaglio e a volare verso i fratello che stava male. La morte di Humberto piegò Omar. Nestor rimase in Argentina rinunciando alla scena del calcio italiano. Sono schegge di memoria che Belen raccoglie nel suo album personale per offrire, poi, come i petali profumasti di un fiore a chi ha tanto amato il nonno e, quindi, oggi non può fare a meno di intenerirsi ascoltando i racconti della sua nipotina. Sono tra costoro. Ho amato Omar come nessun altro. Come il profeta. 

    Mi aggrappo a lei, dunque grondando nostalgia. A lei che Omar raccontava di una favola italiana vissuta principalmente a Torino con la maglia della Juventus e poi a Napoli al fianco di Josè Altafini. “Io ero già stata con il nonno a Torino. Avevo dodici anni ma ricordo perfettamente che lui e io non potevamo manco passeggiare per strada senza essere fermati a ogni passo da gente che voleva vedere e toccare Omar. Lo ringraziavano, gli mandavano baci. Una signora si mise persino a piangere. Io non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Quando fummo soli, in albergo, gli chiesi spiegazioni. Mi vogliono bene, così come io volgo bene a loro. Un amore che non finirà mai”. 

    Un amore ce si chiama Juventus. Esattamente come la grande “facenda”, con cavalli e altri animali, dove Omar visse i suoi  ultimi anni di vita in Argentina e dove ora per le feste comandate e per i compleanni, la tribù dei Sivori si riunisce e celebra se stessa coccolando i ricordi. A Omar arrivò in quel luogo la notizia della morte di Umberto Agnelli, il presidente-fratello che lo aveva fatto arrivare in Italia e babbo di Andrea. Sivori aveva volutamente  battezzato con lo stesso nome il suo ultimo nato. Per lui fu come replicare un funerale già consumato. “Non avevo mai visto mio nonno piangere così come un bambino. Il legame tra lui e il presidente andava oltre la professione. Mi raccontava che il giorno in cui arrivò a Torino trovò una macchina ad attenderlo. Partirono e, a metà strada, un’altra automobile accostò quella sulla quale viaggiava Omar . Si fermarono e dalla macchina scese Umberto Agnelli. Prese nonno da parte e gli disse: grazie di essere qui con noi. Malgrado non poche difficoltà ci siamo riusciti. E lui: sono io che non smetterò mai di ringraziare lei, presidente, perché arrivando alla Juve ho coronato il più grande sogno della mia vita. Ed era vero. Cesarini, l’allenatore, a mio nonno non faceva altro che parlare della Juventus. E lui non vedeva l’ora”. 

    Restano fotografie in bianco e nero, insieme a filmati d’epoca. Quelli che Belen soltanto adesso ha preso a guardare. Prima facevano parte dei segreti del nonno. “Non li faceva vedere a nessuno. Era una personale umile e buona e molto schiva. Gli chiedevo: ma perché la leggenda vuole che tu in campo, fossi  una simpatica carogna? Lui mi guardava, non  rispondeva e rideva. Dio mio quanto rideva, felice. E’ morto troppo giovane, aveva sessantanove anni. Mi manca tantissimo”. Come lui manca al popolo bianconero. La sua icona, intendo. Eppure, forse, all’orizzonte. Belen azzarda. “Tutte le volte che guardo Dybala, per come si muove specialmente senza palla e per come riparte con quella sua andatura particolare., mi viene spontaneo sovrapporre l’immagine di Paulo con quella di mio nonno. Certamente, altri tempi e altro calcio. Ma io sono convinta che i cromosomi del campione siano gli stessi per tutti e non abbiano età. Ecco perché sarebbe fantastico se dentro Dybala con la maglia della Juventus tornasse a vivere mio nonno Omar”. Che brividi, però… 
     


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