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  • Bernardini: L'Inter vincerà lo scudetto

    Bernardini: L'Inter vincerà lo scudetto

    L’Inter vincerà lo scudetto. Mi rendo conto che si tratta di un’affermazione molto forte e impegnativa. Ma, seppure con il cuore in subbuglio non essendo io interista, sono disposto a scommettere. Una pizza e birra, naturalmente. Con buon senso, come si fa tra amici. Non possiedo facoltà paranormali e Nostradamus mi ha sempre divertito e basta. Chiamiamola intuizione o capacità di osservazione.

    Sto seguendo con molta attenzione la figura del molto onorevole signor Thohir nel corso delle sue incursioni italiane. E’ incredibile come questi tycoon asiatici riescano ad avere tutti la medesima espressione di astuta immobilità. Sia che abbiano vinto alla Lotteria o che gli sia morto il gatto, lasciano trasparire nulla delle emozioni. Evidentemente, eludendo le pulsioni del cuore, sorridono e si disperano con il cervello, dove è impossibile indagare. Un’attività cerebrale fredda e rapida specie nel far di conto e nel progettare il futuro possibilmente a rischio (quasi) zero. Proprio come i cinesini che, nel dopoguerra, per strada vendevano oggetti minimalisti (“Tle clavatte per dieci lile”) e che per i loro figli sognavano una vita da imprenditori nel settore della ristorazione o di import-export. Fate, oggi, un salto a Prato. E’ difficile, quasi impossibile, che un asiatico si getti in un’avventura se non è sicuro di portarla a termine con successo. Thohir, prima di scendere sulla pista di questo fantasmagorico barnum che è il circo del pallone, ha studiato tempi e metodi con sperimentata cura orientale. Ha compreso che l’azienda calcio italiana, a dir poco disorientato e in crisi di liquidità, rappresentava il luogo e il momento giusto per sedersi al tavolo e provare a sbancare. Si chiama fiuto del business. E’ innato e non è da tutti. Sotto questo profilo il mio amico Mancini e i suoi giocatori (foto Twitter Inter) rappresentano un dettaglio. Importante, certamente, ma pur sempre un dettaglio.  Diciamo la macchina giusta, con ciascuno al suo posto, per la realizzazione della grande opera architettata minuziosamente a tavolino.

    Esiste, come sempre, una morale e mi angoscia un poco. Quella che, con la memoria, mi riporta a Angelo Moratti presidente con il cuore in mano, a Ivanoe Fraizzoli che non vendeva Corso altrimenti sua moglie lo cacciava di casa, a Ernesto Pellegrini che prima di comprare un giocatore chiedeva alla sua signora di leggere i tarocchi, a Massimo Moratti che pregava il mister di far giocare sempre Recoba perché suo figlio Mao stravedeva per lui e anche a Peppino Prisco che aveva mille espressioni e una sola parola per tutti. Era la “Pazza Inter”, è vero. Ma proprio per questo i suoi successi facevano battere forte il cuore. Oggi, a cose fatte, ci limiteremo a sorridere. Come fanno gli indonesiani quando sono contenti.

    Marco Bernardini

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