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  • Bologna, Guaraldi-Setti:|'Se non va, si vende'

    Bologna, Guaraldi-Setti:|'Se non va, si vende'

    «BAGNI, sono Guaraldi».
    Bagni: «Chi?».
    «Gua-ral-di»».
    Bagni: «Non ho capito».
    «Sono il tuo presidente,
    per la miseria».


    QUESTA è’ una telefonata vera, di qualche giorno fa. E serve a spiegare l’ultima fibrillazione del Bologna, serve a capire perché, prigioniero della sensazione di non essere più nei suoi panni di presidente, Albano Guaraldi aveva pensato alle dimissioni, come gesto estremo, come cura adatta alla semplificazione di una società che stenta a trovare equilibrio e pace.

    Il presidente ci ha ripensato. L’avvicendamento sarebbe stato il quarto in sei mesi e avrebbe probabilmente segnato la fine di questa storia unica nel suo genere, eppure funzionale ai salvataggi, se è vero che già cinque degli iscritti a Bologna 2010 (Romagnoli, Scapoli, Guaraldi, Setti, Ferrari, Pavignani e Rimondi) vanno ad applicare il modello-Consorte anche alla Fortitudo pallacanestro.
    Guaraldi si era sentito messo in disparte, usato più come funzionario che come comandante. Di questo ha incolpato la struttura societaria, divisa in due. Come quella trasmissione di Bonolis: da una parte gli «economisti» e dall’altra i «calcistici». Gli uni gelosi degli altri, stavano per arrivare allo scontro. Scongiurato. Perché Guaraldi ha pagato la sua quota e non ha drammatizzato la situazione, perché il bilancio si è chiuso bene, perché le prospettive patrimoniali per la stagione che verrà sono discrete. In cassa ci sono 17 milioni: cifra da nababbi, se potessero andarsene in calciatori. Serviranno, invece, a risanare la società. Comunque ci sono e permettono di scongiurare la crisi.
    Setti è stato conciliante: «Forse è vero, siamo stati troppo individualisti, ma in buona fede. Colpa dell’agitazione che le trattative creano. Ma ci mancherebbe altro, caro Albano: dipende da te, se vuoi facciamo corpo unico».

    ERANO TUTTI in cima al campanile rossoblù e dovevano scegliere se buttare giù subito i «compartimenti» e ripartire seguendo il modello societario tradizionale oppure buttare giù Stefano Perdrelli, l’uomo del Grande Errore. Roberto Zanzi lo ha difeso: «A ben vedere, quell’operazione è stata utile alla chiusura del bilancio. Quattro milioni e sette non spesi, quattro e due incassati. Totale per Viviano otto e nove. Con la Roma avremmo guadagnato di più? E alternative alla Roma ne esistevano?». Effettivamente... Ed è così che dalla torre sono volati giù i compartimenti. Pedrelli è rimasto in bilico, forse sarà lo stesso Zanzi a sostituirlo, ma se i legali garantiranno che il Bologna non sarà in nessun modo perseguibile per quell’errore, Pedrelli salverà la buccia. Magari non sarà più dg, ma rimarrà in società, se lo vorrà. Sono caduti i muri e non le teste. Rimane valido il concetto delle deleghe. Setti mantiene quella allo sport e si confronterà più spesso e più volentieri, soprattutto con il presidente.

    SONO STATI seduti intorno al tavolo del cda per tre ore filate. Hanno fatto pace poi tutti si sono guardati in faccia e se lo sono detti: «Però, amici, questa è l’ultima crisi societaria ad andare in archivio. Se ce ne fosse un’altra a stretto giro di posta, sarà meglio firmare tutti insieme un mandato a vendere. Siete d’accordo». Tutti hanno detto di sì. Qualcuno ha sorriso di fronte alla proposta di ingaggiare un esperto in ‘armonia aziendale’ che insegni a soci a pensare con il noi e non con l’io. Ridi, ridi, ma potrebbe essere utile.
    Infine, un patto. In questi mesi di rodaggio sono stati appesi in piazza tutti i panni, puliti o sporchi che fossero: «E’ ora di finirla. Sigliamo tutti un accordo di segretezza, dove sia chiaro che chi lo vìola è fuori da questo cda». Tutti hanno firmato, mentre ancora una volta trionfava la linea-Morandi: come non si sa, forse per miracolo, ma sono ancora uniti.


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