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  • Bonucci al top con una macchia
Bonucci al top con una macchia

Bonucci al top con una macchia

  • Luca Borioni
Una partita in linea con i motti dei tifosi: pazza-Inter-amala perché rasenta l’incredibile la metamorfosi dei nerazzurri dalla prestazione inerte del campionato alle fiammate di Coppa Italia; fino-alla-fine Juve perché come sempre il colosso di Allegri resiste e non crolla, resta in piedi anche nella peggiore delle serate, infine pesca da qualche parte, in un modo o nell’altro, ai rigori, la svolta decisiva, quella che annienta definitivamente gli avversari.

Su tutto ciò si staglia un protagonista, nel bene e nel male, come Leonardo Bonucci. Da qualche tempo catapultato al centro delle attenzioni in un momento tra i più alti della sua carriera. Acclamato assieme al resto della difesa bianconera, per meriti acquisiti sul campo, per un percorso che dalla gavetta lo ha portato al top. Difensore centrale che in pochi giorni ha assaporato gli osanna della critica universale, si è scoperto “miglior interprete mondiale nel ruolo” nella settimana degli Oscar e soprattutto nei giorni del dopo Juve-Bayern e dei complimenti spiazzanti, perché sinceri e sentiti, nientemeno che di maestro Guardiola. Poi l’apoteosi da primo posto in classifica con quel gol che sfonda la porta e sblocca l’equilibrio proprio contro l’Inter in campionato, contro la squadra che da ragazzo lo aveva lanciato e contro la quale si concede la solita esultanza da giocatore-tifoso, quel gesto non proprio composto ma verace dello “sciacquarsi la bocca”, quasi a voler rivendicare una qualità che finalmente è unanimemente riconosciuta ma non è stata mai scontata, anzi. 

Anche nella folle replica di Coppa, a San Siro, Bonucci ha preteso e strappato un ruolo da protagonista. Forse disturbato dagli eccessi di autostima, condizionato dai complimenti d’eccellenza e dai paragoni storici, ha inizialmente interpretato la partita con un’apparente senso di sufficienza. Debolezza comprensibile. Ma la fascia di capitano lo ha spinto a non perdere il controllo, pur nel mezzo della tempesta nerazzurra. Vestiva una fascia speciale, tra l’altro, da lui dedicata al ricordo di Morosini, il ragazzo al quale è toccata in sorte quattro anni fa la morte sul campo. 

Per buona parte del confronto è rimasto solo a dare ordine al reparto, privo dei soliti riferimenti. Con Neto precipitoso nel calciare un pallone rubato da Medel sul soffice Hernanes. Con Rugani a svelare i limiti di una crescita ancora non completata. Con Lichtsteiner in serata no. E con Barzagli richiamato in campo solo nella seconda parte del match.

Ma Bonucci come al solito non si è fatto travolgere. Ha retto l’impatto di una partita fuori controllo, fuori schema, fuori dalla logica. E quando si è presentato sul dischetto del rigore per calciare in porta il pallone della qualificazione, non ha fallito, ha impietosamente ricacciato nel limbo della frustrazione l’Inter.

Lucido fino in fondo, anche quando arriva a dire che “è stata la più brutta partita” mai giocata con la maglia della Juventus. La peggiore, ma ancora una volta con una chiave di volta positiva, con la finale conquistata. Ecco l’unico stop al sogno: Bonucci, ammonito con diffida, contro il Milan non ci sarà. Per la Juve sarà un problema.

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