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  • Borriello libero: 'Devo tutto a Conte'
Borriello libero: 'Devo tutto a Conte'

Borriello libero: 'Devo tutto a Conte'

Rotti 11 mesi di digiuno: «Mi hanno abbracciato tutti». La dedica a Fortunato.
La liberazione di Borriello: "Me lo sentivo che avrei segnato"
Accolto come un eretico, per aver rifiutato la fede bianconera l’anno prima, ora Marco Borriello è candidato alla beatificazione. Cesena diventa il campo dei miracoli solo quando entra lui, che a dieci minuti dalla fine si prende la partita, e un altro pezzo di scudetto, quando tutti gli altri hanno fallito. Era stato profetico: «Ai ragazzi della panchina l’avevo detto che avrei segnato - dirà, ancora con il fiatone - cosa che mai penso. Stavolta era diverso». Al gol, un gran sinistro di controbalzo, sparato all’angolino, esulta per un attimo, poi si fionda verso la panchina, scartando i compagni e volando verso la panchina come fosse un running back. Abbraccio da Hollywood con Antonio Conte: «Il perché lo sa lui. Gli devo tutto».

Tutto si legge fiducia, detta e ridetta dal tecnico quando le tribù juventine avrebbero voluto invece sistemare l’attaccante sul rogo. Il benvenuto era stato uno striscione di cinquanta metri, appeso l’otto gennaio a Lecce, dove Marco neppure c’era: «Borriello mercenario senza onore e senza dignità». Auguri. Conte non l’aveva presa bene: «Chi indossa questa maglia è uno di noi». E via a difendere chi aveva peccato, agli occhi dei tifosi: per aver scelto la Roma, la stagione precedente, e non la Juve. C’era arrivato questo gennaio, in prestito. E fuori forma: acciaccato e appesantito, come uno reduce dal cenone di Capodannno. Conte l’ha incoraggiato, l’ha fatto sgobbare, ricambiato nell’impegno, e l’ha schierato, anche quando andava a scartamento ridotto. Borriello ha fatto bingo al tredicesimo tentativo, anche se poi dei precedenti dodici neppure la metà li aveva giocati da titolare.

«E’ stata una liberazione - spiegherà Marchisio - per lui e per noi». Rotti 11 mesi di digiuno, Borriello la racconta così: «E’ un gol da tre punti, ma mancano ancora quattro partite e la strada è lunga e difficile: l’abbiamo visto anche contro il Cesena, che era quasi retrocesso. E domenica c’è un’altra partita dura, contro il Novara, che ha battuto la Lazio. Dunque, niente è scritto. Però è un gol importante».

Dev’essere pure per queste parole che piace a Conte: «Lo dico sinceramente - racconta l’allenatore - Marco è un calciatore che merita. E per l’uomo sono ancor più contento che per il giocatore. Perché è arrivato che non era in condizione, ma con grandi motivazioni: è uno che lavora duramente, non si lamenta, e ha spirito di sacrificio. Ha dovuto faticare per mettersi al passo degli altri che andavano a mille». Meritava un’occasione: «Ho cercato di utilizzarlo in questo periodo, ma non era al massimo. Dispiace, perché è un calciatore che alcune volte è stato bistrattato: al suo arrivo non c’è stato troppo affetto. Adesso sta bene, è alla pari degli altri». Conte l’ha voluto e protetto: «Sono molto contento perché lo merita, per quello che fa durante la settimana, per come si comporta nei miei confronti e nei confronti dei compagni». Che onora anche nel giorno del successo: «Dedico il gol ad Andrea Fortunato», giovane bianconero scomparso 17 anni fa. Poi un po’ di gioia, non un party: «E’ andata bene, ma non si può festeggiare. Magari ora acquisto un po’ di fiducia e posso dimostrare quello che valgo: il gruppo è forte, a livello umano e tecnico. Sono contento, alla fine mi hanno abbracciato tutti». Figliol prodigo, ormai.


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