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  • Cairo: 'Tavecchio deve dimettersi, Ventura non è quello che conoscevo'

    Cairo: 'Tavecchio deve dimettersi, Ventura non è quello che conoscevo'

    Ieri pomeriggio il vertice della Figc ha preso le prime decisioni dopo il fallimento dell'Italia, che ha mancato la qualificazione al Mondiale di Russia 2018. Giampiero Ventura è stato esonerato e non sarà più il commissario tecnico, mentre Carlo Tavecchio non ha alcuna intenzione di dimettersi dal suo ruolo di presidente federale. Sull'argomento è intervenuto oggi Urbano Cairo, numero uno del Torino, alla Gazzetta dello Sport

    Presidente Urbano Cairo, il sistema calcio è da ripensare dalle fondamenta. Ma è possibile farlo con gli stessi uomini?
    La sconfitta con la Svezia rappresenta un risultato così grave che non può essere liquidato con le parole. Non basta promettere di fare le riforme, andrebbe resettato tutto.

    Eppure Tavecchio non si è dimesso e va avanti...
    È un fallimento epocale, una svalutazione per il movimento. L'azienda calcio ha portato i libri in tribunale, sportivamente parlando ma pure considerando le ricadute economiche. Quando succede una cosa del genere i manager devono pagare un prezzo. Anche io da presidente del Torino ho vissuto momenti molto difficili, perché evidentemente facevo degli errori: sì, sono andato avanti ma da proprietario ho pagato un prezzo economico importante. Si prenda atto che l'uscita dal Mondiale è un fatto gravissimo, non a caso non accadeva da 60 anni.

    Quindi Tavecchio sbaglia ad arroccarsi in via Allegri?
    Quando fu eletto la prima volta non lo votai, poi gli ho dato il mio voto per la rielezione e ho gradito un certo lavoro svolto, andato al di là di quanto mi aspettassi. Il mio giudizio è positivo ma di fronte a questo fallimento deve trarre le conseguenze, non può andare avanti come se niente fosse. Non sono un elettore del Pd ma ho apprezzato il gesto di Renzi che dopo il referendum si è dimesso da premier e da segretario del partito, per poi ripresentarsi alle primarie e vincere. Tavecchio dovrebbe fare lo stesso: nulla gli vieta, in teoria, di ricandidarsi con un progetto super, ma serve un forte segno di discontinuità. E non basta gettare sul tavolo un nuovo c.t. di gran nome e molto amato...

    Deluso da Ventura?
    Non ho visto neanche lontanamente il Ventura che conoscevo. Probabilmente avevo ragione quando, qualche estate fa, dissi che lo vedevo più come allenatore di club perché ha bisogno del lavoro quotidiano sul campo per inculcare i suoi eccellenti insegnamenti ai calciatori. Mi dispiace per lui e per l'Italia. Ero allo stadio con i miei figli, abbiamo sofferto come tutti. È un peccato soprattutto per i bambini che si perdono il Mondiale ma ora dobbiamo cercare di ripartire facendo interventi seri.

    Ripartire da dove?
    La Svizzera, con 8 milioni di persone, si è qualificata, il Belgio, che ne ha 11 milioni, lo stesso. Per la legge dei grandi numeri è più probabile che nascano in Italia i potenziali campioni, visto che siamo 60 milioni. Ma poi questi calciatori devi allevarli bene e in questi anni non è stato fatto, mentre in quei due Paesi, per esempio, hanno messo a frutto i centri di formazione. Bisogna ripartire dai giovani.

    Ci sono troppi stranieri in Italia?
    Non è quello il problema. Il numero è simile a quelli delle altre nazioni europee di riferimento. Semmai va creato il contesto giusto per far emergere i talenti investendo nella loro formazione e in quella degli istruttori. Sono favorevole alle seconde squadre per far maturare i ragazzi. E poi sarebbe giusto introdurre una norma che obblighi i club a destinare una quota del fatturato agli investimenti nei vivai. È vero che parliamo di società di capitali ma nel calcio c’è anche una componente pubblica.

    La Lega di A, che dovrebbe essere il traino del movimento, compirà finalmente un'evoluzione come è accaduto alle altre leghe? Voi presidenti dovete avere il coraggio di fare un passo indietro e delegare ai manager.
    Bisogna arrivare al ticket con un presidente e un amministratore delegato ai quali affidare obiettivi di crescita. C’è tanto da fare: gli stadi di proprietà, la tutela del merchandising, la lotta alla pirateria, un chiarimento definitivo nel rapporto con i calciatori il cui contratto è in proroga dal 2012. E poi va esportato il nostro calcio nel mondo in maniera diversa. Finora abbiamo delegato la vendita a società terze, ora dobbiamo essere parte attiva per capire le esigenze dei diversi licenziatari, anche in termini di orari delle partite. Per migliorare l'immagine del campionato gli stadi devono essere pieni, e allora perché non fare come in Spagna dove le società vengono multate per gli spazi vuoti? Insomma, ci vuole una managerialità che fino ad oggi non c'è stata. Io ho conosciuto Tebas, il capo della Liga: sono avanti anni luce.

    Rinuncerete davvero alla vostra fetta di potere per consentire uno sviluppo collettivo del prodotto? Perdoni la diffidenza ma è da anni che invochiamo un cambio di rotta in Lega.
    L'unica strada possibile è dare più potere ai manager, questo perché in Lega ci sono 20 imprenditori, tutti proprietari al 5%. È una governance ingestibile, col quorum a 14 chi vuole può fare minoranza di blocco: ben venga il commissario ad acta se non saremo capaci di metterci d’accordo. Finora si è usato il manuale Cencelli per accontentare un po' tutti, che fosse un posto in consiglio o qualche vantaggio economico. Ma così facendo la A è scivolata dal 2° al 4° posto tra le leghe top come valore dei diritti tv. Se avessimo gestito bene il sistema, con una strategia di lungo respiro, ci sarebbe stato un vantaggio per tutti, anche per chi ha agito in modo miope pensando di fare i suoi interessi.

    Cosa pensa della riforma della Legge Melandri?
    Giusto il 50% in parti uguali ma non mi sembra una grande idea quella di calcolare il 20% sui paganti allo stadio: un club come la Juventus, che ha fatto un'operazione di successo con uno stadio contenuto ma sempre pieno, avrebbe uno svantaggio sulla ripartizione. Quel criterio va corretto e serve maggiore meritocrazia.

    Un Mondiale senza azzurri è davvero un crac per tutto il Paese?
    Non credo. Lunedì sera, a parte l'enorme dolore sportivo mio e di tutti i tifosi, ho pensato alla Gazzetta e alle conseguenze su Rcs. Ritengo che non ci sarà un danno economico per il nostro gruppo. Il Mondiale 2014 generò ricavi per 7 milioni, non decine come si è vociferato, e credo che riusciremo a recuperarli con le iniziative che metteremo in campo. Non ci sarà l'Italia ma la Gazzetta varerà l'Operazione Mondiale Rosa. Un progetto senza precedenti per dare ai lettori, al pubblico di Internet e agli utenti pubblicitari il servizio più bello possibile sullo spettacolo calcistico più bello del mondo.

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