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  • Calciopoli, Moratti attacca Juve e Figc

    Calciopoli, Moratti attacca Juve e Figc

    Nella torrida estate del 2006 gli misero subito un marchio tanto perentorio quanto insidioso, perché per cucirsi addosso lo «scudetto degli onesti» bisognava essere sicuri di non avere proprio neppure una macchiolina nel proprio passato, che dovrebbe essere limpido per meritarsi tale titolo. Titolo difficile da difendere oggi, alla luce di nuovi elementi (le intercettazioni emerse nel corso del dibattimento al processo di Napoli) che mostrano come sia possibile imputare all’Inter atteggiamenti e comportamenti analoghi a quelli per i quali quello scudetto fu revocato alla Juventus. Parimenti gravi o meno gravi, le telefonate dei dirigenti dell’Inter ai designatori arbitrali ci sono, così come le pressioni sugli arbitri e una familiarità nei confronti di quel mondo che ha rappresentato una delle imputazioni nei confronti di Moggi e la Juventus. Non si tratta qui di decidere se l’Inter è colpevole quanto la Juventus, ma decidere se la sua condotta sia stata sempre congruente con la condotta di chi, per dirla con le parole di Massimo Moratti: «si è sempre comportato secondo le regole». 


    AD ESEMPIO Perché fra le regole non ce n’è una che contempli l’ingresso nello spogliatoio dell’arbitro prima di una partita per esercitare una pressione psicologica affinché il direttore di gara sappia che «avere 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte è un «grande score per l’Inter» (vedi la telefonata Bertini-Bergamo del 12 maggio 2005). Così come suggerire di “modulare” il sorteggio per far uscire Collina arbitro di Inter-Juventus, inserendo nell’urna due arbitri impossibilitati dall’arbitrare quel match (vedi la Facchetti-Mazzei del 25 novembre 2004). Così come chiedere al designatore arbitrale di «predisporre bene» un direttore di gara in vista di una partita dell’Inter (vedi la Bergamo Facchetti del 9 gennaio 2005). Gli esempi potrebbero continuare e, d’altronde, lo stesso procuratore federale Stefano Palazzi se ne potrà fare un’idea molto precisa, leggendo le trascrizioni periziate delle intercettazioni acquisite come nuove prove al processo di Napoli (che ripartirà il 1° ottobre): 140 telefonate di cui 40 coinvolgono l’Inter (interessante a proposito il documento di Ju29ro.com dal titolo “L’Informativa che non c’è”). 

    ARTICOLO 1 Nel 2006, quando lo scudetto venne tolto alla Juventus e riassegnato all’Inter un mese dopo, quelle telefonate c’erano. Ma non erano state prese in considerazione dagli inquirenti e quindi non erano a disposizione della Giustizia Sportiva, né sotto forma di trascrizioni e neppure come brogliacci (i “riassunti” delle intercettazioni). Ora che sono diventate di pubblico dominio, quell’assegnazione stride con una realtà diversa e uno scenario che la Juventus, nell’esposto con cui ha sensibilizzato la Figc sull’argomento, ha definito: «Fitta rete di contatti tra esponenti della società beneficiata dell’assegnazione a tavolino dello scudetto 2006 e tesserati del settore arbitrale. Tali contatti rappresentano, secondo i criteri adottati dalla Procura Federale nel giudizio a carico della Juventus, la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza (art. 1)». 

    IL PARERE D’altra parte, nel 2006 il commissario straordinario della Figc, Guido Rossi, chiese un parere consultivo a “tre saggi” (l’avvocato Gehrard Aigner, e i giuristi Massimo Coccia e Roberto Pardolesi) sul quale appoggiare la sua decisione di assegnare lo scudetto appena tolto alla Juventus e nel frattempo richiesto a gran voce dall’Inter. E i tre saggi espressero in cinque cartelle molto tecniche una sostanziale approvazione dell’idea, ma con un distinguo assai scettico. Nel famoso comma 20 del punto quarto si dice espressamente che «alla luce di criteri di ragionevolezza e di etica sportiva» si avessero dei dubbi sul fatto che le irregolarità o i comportamenti poco limpidi siano stati più diffuse e commesse anche da squadre non sanzionate, allora si dovrebbe procedere con la non assegnazione del titolo. 

    ABBI DUBBI Guido Rossi, evidentemente, non aveva di questi dubbi. Lo si può giustificare aggiungendo che non aveva a disposizione neppure le nuove telefonate. Nonostante Paolo Bergamo le avesse menzionate nel suo interrogatorio davanti al procuratore Francesco Saverio Borrelli che indagò allora: «Non ho mai negato di parlare di griglia e di designazioni arbitrali e non solo con Moggi, ma anche con altri dirigenti e, tra gli altri: Facchetti, Meani, Capello, Sacchi », disse l’8 giugno 2006. Ma ora quelle telefonate ci sono e stanno per finire nelle mani della Procura Federale, che le dovrà esaminare ed eventualmente approfondire con interrogatori e mettere le condizioni la Figc di prendere una decisione su quella assegnazione, che ora appare incongruente con i prinicipi che la stabilirono. 


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