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  • Calciopoli non finisce mai: l'ex Juve Giraudo ricorre alla Corte europea dei diritti dell'uomo

    Calciopoli non finisce mai: l'ex Juve Giraudo ricorre alla Corte europea dei diritti dell'uomo

    Calciopoli non finisce davvero mai: l'ex dirigente della Juventus Antonio Giraudo infatti ha deciso di denunciare alla Corte europea dei diritti dell'uomo alcune violazioni avvenute secondo lui nei processi che hanno portato alla sua condanna, la sospensione a vita a seguito di Calciopoli.

    LA RICHIESTA DI GIRAUDO
    - La Cedu dunque, atta a risolvere questioni giuridiche che riguardano l'essenza dello Stato di diritto, dovrà dunque giudicare i processi ai quali Giraudo ha preso parte, secondo quanto riportato da LaPresse: secondo Giraudo infatti l'Italia ha violato l'art. 6 della Convenzione, che garantisce l'accesso a un tribunale precostituito per legge e il diritto ad un giusto processo, per aver consentito alle federazioni sportive la creazione di giurisdizioni disciplinari non "precostituite per legge", che hanno lasciato al ricorrente e ai suoi avvocati soltanto 7 giorni per predisporre le difese, "lasso di tempo insufficiente anche solo per la semplice lettura di un fascicolo di oltre 7000 pagine". Inoltre, sempre secondo Giraudo, rappresentato dagli avvocati Jean-Louis Dupont e Amedeo Rosboch, di aver sottoposto queste giurisdizioni disciplinari alla stessa autorità, in questo caso il presidente della Figc, alla quale era sottoposta la procura, ossia l'organo che ha istruito e sostenuto l'accusa. La Cedu dovrà anche decidere se la "durata ragionevole" sia stata violata, tenuto conto che i procedimenti innanzi alle autorità giudiziarie dello Stato italiano sono durati più di 13 anni, e stabilire se la legge n. 280/2003 costituisca una violazione dell'art. 6 della Convenzione. Questa legge prevede che le giurisdizioni dello Stato non abbiano il potere di annullare le decisioni delle giurisdizioni disciplinari sportive, laddove la giurisprudenza della Cedu stabilisce che il cittadino debba sempre poter ricorrere ad un giudice che abbia potere di "piena giurisdizione".

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