Calciomercato.com

  • Che fine ha fatto? Sosa, il Principito con la dinamite nel piede sinistro

    Che fine ha fatto? Sosa, il Principito con la dinamite nel piede sinistro

    Piccolo, agile, scattante e con una potenza esplosiva fuori dal comune. Stiamo parlando di Ruben Sosa, protagonista del numero odierno della rubrica 'Che fine ha fatto?'. Specialista dei calci piazzati grazie ad un tiro mancino secco e preciso e dotato di una tecnica individuale ben al di sopra della media, la punta uruguaiana è tutt'ora ricordato con grande nostalgia dai tifosi laziali ed interisti, che hanno potuto ammirarne le gesta in periodi storici particolari delle rispettive società.

    DAI POLLI ALLA CELESTE - Il percorso di Ruben Sosa è simile a quella di tanti altri campioni nati in Sudamerica. Ultimo di 11 fratelli, si avvicina al mondo del calcio giocando con gli altri bambini per le vie del barrio Piedras Blanca, un quartiere povero alla perifieria di Montevideo. Per contribire alle finanze familiari, trascorre gran parte dell'infanzia nell'allevamento di polli di famiglia, ma riesce comunque a ritagliarsi del tempo per la Potencia, una piccola società dilettantistica di quartiere. Non passa molto tempo prima che gli scout delle società più blasonate dell'Uruguay vengano a sapere del suo grande talento, ed iniziano a seguirlo con grande attenzione. Chi se lo aggiudica, come spesso accade, è il Danubio, una delle cantere più floride di tutto il paese che ha portato alla ribalta talenti del calibro di Forlan, Recoba, Cavani, Zalayeta e Stuani. La scalata dalle formazioni giovanili alla prima squadra avviene in modo rapido, rapidissimo. Sosa dimostra una grande maturità in campo e, nelle partitelle in famiglia, mette puntualmente in difficoltà i difensori della prima squadra con serpentine fatte a velocità supersonica. Il suo percorso di crescita prosegue inarrestabile, tanto che il tecnico Markarian decide di farlo esordire in prima divisione a soli 15 anni, rendendolo uno dei giocatori più precoci della storia del calcio. Nonostante sia poco più che un ragazzino, Sosa inizia a segnare con una certa regolarità e conquista nel 1983 la chiamata della nazionale Under 20 per i Mondiali di categoria. Il cammino della Celeste si interrompe ai quarti di finale contro la Corea del Sud, ma per Sosa la delusione dura ben poco.


    GIOVANE PRODIGIO - Dopo aver disputato un torneo ad ottimo livello impreziosito da due gol, per Sosa si spalancano le porte della nazionale maggiore, ed è proprio durante un incontro tra la Celeste e l'Argentina che la sua carriera svolta improvvisamente. Avelino Chaves, direttore sportivo del Real Zaragoza messo in allerta dai tanti scout presenti in Sudamerica, viaggia verso l'Uruguay per visionare personalmente quel talento di cui tutti parlano, e viene letteralmente folgorato da quella giovanissima punta brevilinea con la dinamite nel piede sinistro. Il dirigente aragonese, con un vero e proprio blitz, riesce a metterlo sotto contratto nei giorni successivi al match, e da quel momento in poi diventa la figura di riferimento di Ruben Sosa durante la sua permanenza in Spagna. La grande somiglianza culturale tra Uruguay e Spagna permette a Sosa di ambientarsi come meglio non si potrebbe, e la squadra conclude la stagione con il trionfo i Copa del Rey contro i catalani del Barcellona. Il gol decisivo, neanche a dirlo, lo mette a segno proprio il talento uruguaiano, che stende i blaugrana con un calcio di punizione dai 25 metri. Con i bianco blu in tre anni mette a segno ben 37 gol in 141 incontri: un bottino di tutto rispetto che una seconda punta poco più che ventenne.

    NUOVA ERA BIANCOCELESTE - Terminata l'era Chinaglia, il neo presidente della Lazio Calleri inizia l'opera di ricostruzione della squadra dopo la promozione in Serie A. La nuova Lazio riparte da due sudamericani: Dezotti e Sosa, prelevato dal Real Zaragoza per 192milioni di pesetas. Il Principito, che nel frattempo ha vinto la prima Coppa America con la Celeste, durante la sua avventura in biancoceleste si comporta come un motore diesel: l'avvio è lento e stentato, ma il suo rendimento cresce progressivamente con il passare del tempo. Al fianco di Dezotti prima, e Di Canio poi, raggiunge gli 8 gol stagionali, ma è con l'arrivo del tedesco Riedle che il suo rendimento migliora sia sotto l'aspetto realizzativo che delle prestazioni. Alla fine della stagione 1992/1993 le offerte per l'uruguaiano in casa Lazio iniziano ad arrivare copiose, ma l'infortunio del neo acquisto Gascoigne durante l'ultima partita con la maglia del Tottenham prolunga la permanenza di Sosa in biancoceleste. La sua ultima stagione nella Capitale risulta essere la migliore con 13 gol all'attivo e prestazioni di assoluto livello che spingono l'Inter ad affondare il colpo e aggiudicarselo.

    CONSOLAZIONE NERAZZURRA - La prima stagione in maglia nerazzurra di Sosa è da incorniciare. L'intesa naturale con il partner d'attacco Totò Schillaci lo porta a realizzare ben 30 reti stagionali, e il suo rendimento non sembra essere condizonato dalla mediocrità generale della squadra. La stagione 1993-1994 lo vede protagonista al centro dell'attacco al fianco dell'olandese Denis Bergkamp. I due, nonostante un rapporto non certo idilliaco, riescono comunque a trascinare i nerazzurri alla conquista della Coppa Uefa vinta contro il Salisburgo. Lo splendido biennio di Sosa attira l'attenzione dell'allenatore del Real Madrid Valdano. Il tecnico dei blancos, nonostante la presenza in rosa di Zamorano e Amavisca, cerca in tutti i modi di strapparlo ai nerazzurri. L'accordo viene trovato sulla base di 500 milioni di pesetas, ma all'ultimo momento il presidente dei nerazzurri Pellegrini si tira indietro a causa della pressione dell'ambiente, che vede nell'uruguaiano un autentico begnamino e leader. Nella stagione 1994/1995 Massimo Moratti passa alla guida dell'Inter, e la cessione di Ruben Sosa al Borussia Dortmund viene ricordata come una delle prime operazioni di mercato del nuovo Presidente. Il Principito lascia l'Italia con 84 gol all'attivo, secondo uruguaiano più prolifico dopo Edinson Cavani. L'Inter rinuncia ai 50 gol in 104 presenze dell'uruguaiano e affida il peso dell'attacco a Maurizio Ganz, una scelta che si rivelerà tutt'altro che felice.


    EPILOGO TRIONFALE - Prima dell'avventura in terra renana, Sosa si rende protagonista di un nuovo trionfo in Coppa America con la maglia della Celeste: questa volta è il Brasile ad arrendersi all'Uruguay padrone di casa ai calci di rigore. Il momento d'oro di Sosa prosegue anche in Germania e, nonostante riesca ad andare a segno solo sette volte, contribuisce alla vittoria del Meisterschale dei gialloneri. Prima di fare ritorno in Uruguay fa tappa in Spagna, al Logorones, ma non riesce ad evitare la retrocessione in Segunda Division della formazione iberica. Il ritorno in Uruguay viene celebrato in grande stile dai tifosi del National di Montevideo, sua squadra del cuore fin da bambino. Sosa trascina i parquensi alla vittoria di tre titoli nazionali in quattro anni, prima di cedere al richiamo di una lega in grande ascesa come quella cinese. L'esperienza allo Shanghai Shenua dura una sola stagione: troppo forte la nastolgia per l'Uruguay e del National. Con la maglia del Tricolor vince altri due campionati nel 2004-2005 e 2005-2006, ma questa volta da assistente tecnico. Prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo si concede un'ultima stagione in Segunda Division nel Racing Montevideo.

    PASSIONE TRICOLOR - Quello con il National è un legame indissolubile che dura ancora oggi. Sosa attualmente ricopre il ruolo di vice allenatore dei Tricolores, ma la sua grande passione è il settore giovanile. Tre giorni a settimana dedica del tempo alla formazione dei reparti offensivi delle selezioni giovanili, insegnando ai ragazzi come posizionarsi in campo e lavorando sulla tecnica individuale per migliorarne dribbling e tiro. Attivamente presente sul territorio in ambito sociale, ha fondato una scuola calcio chiamata "Alegria" per cercare di allontanare i bambini del barrio Carrasco dalle strade.

    Massimiliano Cappello


    Altre Notizie