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  • Com'è triste Villar Perosa, senza Juve dopo 61 anni: colpa del covid, ma altrove la gente può andare

    Com'è triste Villar Perosa, senza Juve dopo 61 anni: colpa del covid, ma altrove la gente può andare

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Per la prima volta, dopo sessantun anni, la vigilia di Ferragosto sarà un giorno di struggente malinconia per la gente della Val Chisone e, in particolare, per gli abitanti di Villar Perosa. Un paese che dal 1959, per tutto l’anno, attendeva il tempo dell’evento attrezzandosi per fare in modo che fosse memorabile e che se ne parlasse per i dodici mesi che lo separavano da quello successivo. Una dolce e stupenda abitudine che nessuno aveva mai osato potesse interrompersi. Invece è proprio ciò che avverrà oggi. Anzi che non accadrà. Niente “gala”per la Juventus e per il su popolo nella valle dove la strada da Pinerolo conduce al Sestriere e che fino all’anno passato veniva trasfigurata da un lungo e ininterrotto serpentone bianconero.

    Andrea Agnelli ha chiesto scusa alla gente di Villar giustificando la sua decisione con motivazioni sanitarie anche comprensibili pure se, allora, viene da chiedersi il perché degli assembramenti sulle spiagge, per le vie dei centri di vacanza e purtroppo nelle discoteche. In ogni caso la morale resta che la tradizionale partitella di inizio stagione sul prato verdissimo del campetto intitolato a Gaetano Scirea non ci sarà così come l’intero contorno scenografico rappresentato non soltanto dal tifo ma anche da tutta una serie di momenti tipici dell’autentico happening popolare. La vigilia di Ferragosto a Villar, infatti, non è mai stata soltanto l’occasione per vedere all’opera e da vicino i campioni vecchi e nuovi della Juventus, ma forse soprattutto il tempo e luogo ideali per fare festa con una merenda al fresco sul prato e per far giocare i bambini nei boschi.

    Oltre al nulla in un paese ormai quasi abbandonato dai giovani e privo delle opportunità lavorative che offriva negli anni d’oro quando il vecchio senatore Agnelli decise di farne la sua Camelot, si dovrà mestamente registrare un silenzio talmente assoluto da essere quasi frastornante. Nessun elicottero comparirà nel cielo sopra Villar più o meno mezz’ora prima dell’inizio della platonica sfida tra la prima squadra e quella giovanile. Era il momento di maggior fascino che ciascuno attendeva e che annunciava l’arrivo di Gianni Agnelli da chissà quale angolo del mondo per battezzare un avvenimento al quale mai e poi mai avrebbe rinunciato essendone lui stato l’inventore. Soltanto dopo quel momento, con l’Avvocato che era andato a sedersi sulla panchina insieme con lo staff tecnico del momento, la festa poteva cominciare.

    Sessantun anni di storie riunite in un unico volume. Protagonisti di una recita collettiva che ciascuno porterà sempre nella memoria. Il ritiro nell’Hotel Bianconero di proprietà di Ernesto Pellegrini, il presidente dell’Inter. Le fughe dalle camere, nottetempo passando per i tetti, dei giocatori più giovani e scapoli che avevano fissato un appuntamento amoroso con le cameriere. Le scalate e le discese per i monti fino a sputare l’anima. I gavettoni che qualche campione buontempone organizzava dopo la cena e che finivano sulla moglie del mister. Il telefono dell’albergo sempre occupato. Le convocazioni di Boniperti per la discussione a senso unico del contratto con relativo ingaggio. 

    L’arrivo di Giovannino Agnelli anche lui in ritiro per allenarsi con il gruppo. I pullman di tifosi che arrivavano da tutta Italia e tutti i giorni per un autografo o una fotografia in bianco e nero. La gente di Villar che benediceva il giorno in cui Gianni Agnelli stabilì che quella era la vera casa della Signora. Tutto finito. Madonna, che silenzio ci sarà oggi in Val Chisone. 

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