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  • Correre 100 chilometri nella notte, è questa la vera Champions League

    Correre 100 chilometri nella notte, è questa la vera Champions League

    • Stefano Agresti
    Avete presente Fantozzi obbligato dal suo capo a godersi la 'Corazzata Kotiomkin' mentre gli azzurri sfidano l’Inghilterra? "Nel buio della sala correvano voci incontrollate e pazzesche. Si diceva che l'Italia stava vincendo per venti a zero e che aveva segnato anche Zoff. Di testa, su calcio d'angolo…”.
     
    Ecco, più o meno questo. Un sabato sera consacrato alla finale di Champions League, per di più a Milano. Via Faentina, alle porte di Marradi, ai piedi dell’Appennino tosco-romagnolo. Ore 23, buio pesto: corrono voci incontrollate che Atletico e Real stanno andando ai rigori e che la squadra di quel combattente del Cholo ne ha già sbagliato uno, di rigori, durante la partita. La differenza, rispetto a Fantozzi, è che i tremila che vanno verso Faenza non sono stati costretti da nessuno a stare lontani dal pallone: ebbene sì, lo abbiamo scelto noi, da soli. Scusaci, cara Champions, ti vedremo domani, a risultato acquisito e conosciuto. Ci mancherà il brivido della diretta ma stanotte è meglio correre, perché poco altro ti regala emozioni come questo viaggio da Firenze alla Romagna, cento chilometri che sono un’avventura, dal caldo al freddo, dal giorno alla notte, dalla storia di piazza della Signoria al selvaggio passo della Colla e poi giù ancora fino alla pianura. Irrinunciabile, per chi l’ha provata una volta. La nostra Champions.
     
    Si chiama ‘Cento chilometri del Passatore’. E a chi potevano dedicare questa corsa folle, se non a un brigante? Un brigante buono, però, almeno così raccontano le cronache della prima metà dell’Ottocento. Perché il Passatore, al secolo Stefano Pelloni, rubava ai ricchi per dare ai poveri: una specie di Robin Hood della Romagna, insomma. Pascoli lo citò nei suoi versi, definendolo addirittura "il Passator Cortese"; più modestamente il Quartetto Cetra e Raoul Casadei gli dedicarono due canzoni. Quando finalmente la gendarmeria pontificia riuscì a ucciderlo, il suo corpo venne portato in tutti i paesi affinché la povera gente sapesse che il loro eroe non c’era più. Diventò subito un mito, una leggenda. Tra i suoi discendenti - l’avreste mai detto? - c’è Raffaella Carrà, il cui vero nome è, guarda caso, Raffaella Maria Roberta Pelloni.
     
    Il caldo feroce di Firenze, ma qui nessuno è ancora stanco e c’è chi ha voglia di scherzare. Come quella signora che corre con il velo e un cartello sulla schiena: ‘Oggi 21 anni di matrimonio… 100 km cosa vuoi che siano!!!’. L’ascesa a Fiesole là dove, dalle ville che si affacciano sulla strada, bagnano chiunque lo voglia per aiutarlo ad andare avanti. C’è chi corre scalzo, e chissà come sopporta l’asfalto incandescente, e chi corre tenendo per mano l’amico che non vede e che non mollerà fino a Faenza. Si scende a Borgo San Lorenzo, si risale al passo della Colla. A quel punto, mentre noi umani siamo a metà percorso, Giorgio Calcaterra - un mostro che di mestiere fa il tassista, o tassinaro come dicono a Roma - è quasi arrivato al traguardo. Primo, ovviamente, per l’undicesima volta di fila: stavolta ha impiegato 6 ore e 58 minuti.
     
    Di notte a illuminarmi la strada è una pila che ho davanti al petto: qualcuno la porta sulla testa, qualcuno la tiene in mano, certo è indispensabile per capire dove stai andando. La crisi arriva al chilometro settanta. Difficoltà durissima, colpa di quanto ho bevuto durante il giorno per fronteggiare l’afa: scoprirò poi che è stato un problema comune a molti e molti hanno dovuto mollare. Dolori ovunque. Giuro, l’anno prossimo non torno: mi godo la Champions. Ma abbandonare, quello proprio no: avanti, passerà. E la crisi passa, pian piano, tanto che ai meno dieci dal traguardo ritrovo entusiasmo e gambe, così come tutti quelli che mi stanno attorno. Come quel ragazzo che chiede: ma quanto manca? E quando gli dicono ‘quattro, massimo cinque chilometri’ si lancia al collo di chi gli ha dato l'indicazione: ‘Che bella notizia, grazie, ti voglio bene’. E’ una bugia, siamo lontani almeno il doppio dal traguardo, ma almeno gli ha dato la forza di non fermarsi. Non ho il coraggio di dirgli la verità.
     
    Finalmente le luci. Finalmente Faenza. Finalmente l’arrivo. Ho vinto. Come Calcaterra, che ha impiegato sei ore in meno di me; come l’amico che ne impiegherà sei in più. Ho vinto, sì. Ci vediamo qui, l’anno prossimo. Altro che Champions.

    @steagresti


    Correre 100 chilometri nella notte, è questa la vera Champions League

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