Crisi Milan, fra errori e presunzione: le colpe di Pioli e gli errori di Maldini. E i parametri?

La crisi del Milan è spiegata dal suo calcio e illustrata dai numeri: 7 partite nel 2023 e una sola vittoria, 4 sconfitte, di cui 3 in 11 giorni, con 12 gol al passivo fra Inter, Lazio e Sassuolo. Il primo provvedimento? Un giorno di riposo. Dopo la figuraccia col Sassuolo, Pioli ripete le stesse cose inutili cose dell’ultimo mese; Maldini no, nel senso che stavolta preferisce stare zitto; il resto della società ha un nome, ma non un volto: non che Gazidis fosse uno che parlava tanto, complice probabilmente anche la lingua, ma chi l’ha sostituito (Giorgio Furlani, già manager di Elliott e ora a.d. rossonero) non ha ancora detto una parola una. Il presidente Scaroni magari interverrà domani, per dire che il problema è San Siro e che bisogna tirarlo giù. Pare ci sia stato un vertice negli spogliatoi, a partita finita e vergogna ancora calda: devono essere volate parole poco grosse, se il provvedimento è appunto: domani state a casa. Presunzione o presa d’atto, nella settimana del derby?
Resta un mistero decifrare cosa è successo al Milan campione d’Italia: non basta il mercato sbagliato in estate o non fatto in inverno per giustificare 5 gol presi in casa dal Sassuolo (che aveva raccolto 2 punti nelle 8 precedenti partite). La squadra ha perso identità più ancora che giocatori. Pioli ne ha perso il controllo, ha ingenerato confusione nel gruppo, stordito per le sue scelte tattiche spesso in contraddizione. Non parliamo dei cambi, poi.
Il Milan campione d’Italia, squadra giovane e di prospettiva, non c’è più: il ciclo è già chiuso senza averlo mai veramente aperto, perché una vittoria non fa ciclo e quest’anno il Milan non vincerà nulla, nel frattempo è diventato palese a tutti. Colpa di una squadra che non è stata rinforzata come meritava l’entusiasmante vittoria della scorsa stagione. L’all-in su CDK non ha pagato: interessa ancora a qualcuno (oltre a RedBird) se il belga diventerà importante fra due anni? il primo a non credere in lui è Pioli, che dopo averlo tenuto in panchina per 3 mesi, l’ha tolto dopo 45 minuti, alla prima da titolare. Per altro per rimettere in campo Leao, assurdamente escluso in partenza. Leao, il migliore schema del Milan, anche l’anno scorso. Perché “palla a Leao” è stata la giocata dello scudetto, non altre.
Pioli rischia la panchina, non se la gioca nel derby. Ma quasi. A difendere la sua posizione, più che lo scudetto vinto a maggio (se il Chelsea liquida Tuchel che ha vinto la Champions, non sarebbe un’eresia farlo con chi vince la Serie A) c’è il contratto firmato a novembre: 2 anni a 4 milioni netti, che al lordo fanno 16 milioni, troppi da pagare per una società che guarda soprattutto alla sostenibilità economica. Ma allora perché quel contratto? Perché due anni, uno era troppo poco? Cardinale non deve essere molto contento… Già, Cardinale. Nessuna notizia da New York. Le ultime lo davano in procinto di guardare il derby di Riad e intenzionato a tornare a San Siro per la sfida col Tottenham. Chissà se ha visto anche Milan-Sassuolo, arrabbiato il doppio anche per l'inutile levataccia, la domenica mattina.
Un’ultima cosa. Il mercato chiude martedì sera. Volendo, il tempo per puntellare l’organico ci sarebbe ancora. La qualificazione alla prossima Champions vale un acquisto, forse due. Qualcuno dica a Maldini, che oggi il Milan non sta rispettando i parametri.
@GianniVisnadi