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  • Crotonemania: l'ora più buia

    Crotonemania: l'ora più buia

    • Michele Santoro
    Abbiamo perso la A. Ci hanno tolto le luci della ribalta, il calcio che conta. L’anno prossimo non vedremo grandi campioni sul manto dello Scida, ci dovremmo accontentare di quelli che, forse un giorno, lo diventeranno. Niente lustrini e paillettes, niente tappeti rossi, ma i pantani della B. Non siamo più in paradiso, non assisteremo a partite da angolazioni privilegiate, non saremo più protagonisti di quel sogno bellissimo iniziato il 29 aprile di due anni fa. Ci hanno svegliato. E fa male.

    Fa male perché forse non eravamo pronti; la stagione, i risultati, per lunghi tratti, hanno detto altro. Le colpe? Nostre, ma anche un po’ loro: episodi e dinamiche le conoscete già. Si è rotto l’incantesimo cari lettori, forse si è rotto dopo quel Crotone-Udinese, dopo le dimissioni di Nicola. Lì abbiamo dovuto rimboccarci le maniche, abbiamo preso coscienza di essere diventati grandi, ma soli, e in cuor nostro sapevamo già che la magia di quella salvezza non l’avremmo più ritrovata.

    È l’ora più buia. Quella delle lacrime, dei rimpianti, della frustrazione, quella da cui pensi non ci si possa più rialzare. È giusto che sia che così. Poi, però, scorrono in mente i gol, le vittorie, gli abbracci, i sorrisi, le urla, le emozioni e ci si rende conto del grande contributo che il Crotone ha dato a questo spettacolo. L’arte del saper stare al mondo, di scrivere tra le pagine più romantiche del calcio italiano con quel poco che si ha a disposizione. Il Crotone è stato un inno alla speranza in queste due stagioni, una voce fuori dal coro, una variabile impazzita tra gli impettiti colletti bianchi della massima categoria. Un esempio. Ci mancherà la Serie A, solo Dio sa quanto, ma noi le mancheremo di più. Mancherà il nostro cuore, il nostro folklore, la determinazione insita in chi sa che deve faticare il triplo per raggiungere il proprio posto al sole, perché mamma non l’ha fatto bello e pacioccone come gli altri. Chi verrà dopo di noi sarà solo una modesta copia sbiadita. Fidatevi, li abbiamo fatti divertire troppo e torneremo a farlo.  

    Cosa resta allora? Una società sana, una programmazione, a cui un incidente di percorso non può arrecare danni permanenti. Poi resta una palla, e la voglia di farla girare nel verso giusto per i colori rossoblù; con chi se ne riparlerà in seguito, dopo l’elaborazione del lutto. Ci restano, infine, passione e creatività, quelle che ci hanno fatto raggiungere traguardi impensabili, quelle che ci hanno portato fino a qui e che ci riporteranno qui: quelle, mi dispiace per i disfattisti, non retrocederanno mai.
     

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