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  • Da Djorkaeff a Totti, passando per Mou: l'alfabeto di Inter-Roma

    Da Djorkaeff a Totti, passando per Mou: l'alfabeto di Inter-Roma

    • Matteo Quaglini
    L’alfabeto per i dizionari è l’insieme ordinato di segni grafici che rappresentano i suoni articolati di una lingua. In questo caso quella del calcio. Quello magico e suggestivo di Inter – Roma, che suona così:

    A come Ambrosiana. Il nome che il Football Club Internazionale Milano assunse dal 1928 (dalla fusione con l’Unione Milanese, poi Ambrosiana-Inter dal ‘31) al 1945. Con questo nome esordì nel girone unico per volere del regime che imponeva autarchia. Erano le partite, quelle con la Roma, tra artisti del pallone bohémien dell’Arena e di Testaccio: Meazza, Frossi da una parte, Attilio Ferraris IV, Guaita dall’altra.

    B come Bernardini. Il grande Fulvio, il mito di Testaccio. Interista e romanista. Il presidentissimo Renato Sacerdoti lo comprò dall’Ambrosiana e per somma algebrica costruì la squadra: Il nome Roma+ Testaccio+ Bernardini uguale grande Roma. A Milano il grande Fulvio che insegnerà calcio all’Italia si laureò in Economia, il segno della sua diversità. E sempre lì svezzò Meazza, altro mito assoluto.

    C come il cucchiaio di Totti. Nell’inverno del 2005 va di scena, per la prima volta, la Roma di Spalletti a San Siro. Al’30 del primo tempo con la Roma già avanti, Totti, con i capelli lunghi alla anni ’70 e la sua finta indolenza cattura palla a centrocampo e salta, in un assolo alla Jordan mezza Inter, per rifinire il suo quadro con un pallonetto o meglio un cucchiaio, timbro del genio alla amici miei. Mancini applaude, è una delle suggestioni di una partita mistica.

    D come Djorkaeff. Un altro lampo, un altro bagliore nella notte magica e complessa di una partita racconto. L’Inter del buon Roy sembra competitiva per contendere lo scudetto alla Juventus, Moratti ha riempito la squadra di campioni internazionali, in ossequio al nome della gloria. In un Inter-Roma malinconico Djorkaeff segna un gol antologico, in mezza rovesciata acrobatica. E’ l’altra metà del gol di Totti, le due gemme più grandi.

    E come esordio. Il 24 novembre 1929 si affrontano a Roma in girone unico. Vince la Roma per 2-0 con gol di Benatti e Chini. E’ il primo bagliore di incertezza di una partita imprevedibile da sempre nelle sue pieghe. L’Inter già Ambrosiana infatti vincerà il campionato con gente come Allemandi, Viani e il grande Peppino capace di 31 gol scudetto.

    F come Falcao. Il Divino per il popolo romanista, il grande fuoriclasse in arrivo per quello interista. Sandro Mazzola nel 1984 di ritorno da Madrid dopo una gara di coppa, lo contatta per rifare la grande Inter ma Viola si opporrà frenando i gesti d’amore del corteggiamento interista. Falcao ha raccontato Roma – Inter come una novella sudamericana, di acuti e cadute: Il gol su punizione immaginifica a Bordon, il cariño con cui Agnolin lo espulse nel ’81 e lo scontro frontale con Peppe Baresi a Roma nel’84 che gli incrinò il ginocchio e la sua divinità.

    G come Gol. E’ la partita del gol, da sempre. Gol segnati e mancati. In questo scontro western alla Sergio leone il pathos dell’atto finale non è mai mancato, anzi ha sempre dato emozioni contrastanti alla Carmelo Bene. In 198 partite tra Milano e Roma, 577 gol.

    H come Herrera. Ha allenato l’Inter e la Roma. Nella prima è stato come lo definì il Pallone d’Oro l’Iperbole e l’eccesso. La tracotanza e la vittoria. H.H. l’acronimo di un redivivo bonapartismo. Nella Roma è stato la speranza non mantenuta, la polemica, l’ostruzionismo, il cinismo, il caso Taccola. Ma anche l’allenatore che rivinse dopo 5 anni una coppa (Italia’69) e che lanciò Capello, non solo come giocatore.

    I come imbattibilità. La più lunga serie di imbattibilità dell’Inter contro la Roma a San Siro va dal Novembre 1981 all’Aprile 1994, 17 partite senza mai perdere con 12 vittorie. Quella della Roma in casa è di 12 partite da Gennaio ’79 a Febbraio 1987 con 11 vittorie . A San Siro la più lunga serie romanista è di 5 partite da Maggio 2011 a Ottobre 2013 con 3 vittorie.

    L come Liedholm. Il barone icona milanista poteva firmare per l’Inter di Fraizzoli, ma il calcio delle bandiere non se la sentì di essere miscredente ed eretico. Così venne la Roma, e il demiurgo svedese affrontò l’Inter da avversario estetico. 

    M come Mourinho. Il Vasco da Gama del calcio, non poteva non vedere Roma e giocarci contro. 7 partite di Mou contro la Roma: 4 di campionato con 1 vittoria e 1 sconfitta più 2 pareggi. Poi tre vittorie e due titoli come amerebbe dire lui, Coppa Italia (210) e super coppa(2009).

    N come numeri. Intesi come statistiche complessive: In campionato 198 partite tra Milano e Roma, 99 vittorie Inter e 48 Roma. 51 i pareggi.  344 gol dell’Inter e 233 della Roma, 577 totali. 5 finali di coppa Italia, 1 di coppa Uefa, 4 finali di supercoppa italiana. 

    O come Olimpico. Nello stadio romano si sono giocati Roma- Inter epici, controversi e affascinanti. Da quelli romantici di Manfredini e Angelillo contro l’Inter euro-mondiale delle formazioni a memoria, a quelli oscuri dell’Italia noir degli anni ’70 dei rigori di Michelotti e dei vittimismi di Herrera versione romanista, a quello estetico di Falcao e Conti dell’82 vinto 2-1 con una punizione divina. Fino a quelli veloci e netti dell’Inter di Ronaldo capace di vincere a Roma, due volte per 2-1 e 5-4.

    P come Peppino. Il grande fuoriclasse, l’icona a cui l’interismo ha dedicato sempre reverenza e gloria. Mentre Milano anche il nome di uno stadio. Meazza ha segnato da interista 9 gol alla Roma e a Roma, ha esordito in nazionale ed è divenuto campione del mondo nella finale ’34 contro la Cecoslovacchia.

    Q come Qualità. Immensa. Alta e retorica. Poetica e sublime. Se fosse un film Roma – Inter avrebbe come regista Stanley Kubrick. Se fosse un libro lo scriverebbe Umberto Eco. Se fosse un quadro lo dipingerebbero a metà Picasso e Dalì. E’ stato invece il teatro di Mazzola, Corso e Suarez, di Cordova, Falcao, Totti. Il palco di Ronaldo e Batistuta, di Meazza e Bernardini e, di altri dioscuri meneghini e romani, menestrelli d’emozioni gotiche.

    R come Ronaldo. Nazario, il fenomeno. Lo vedemmo due volte dal vivo a Roma mangiarsi con la sua velocità estrema, col suo scatto fatto di una corsa nella corsa, col suo doppio passo, tutta la difesa della Roma zemaniana. Una difesa che voleva giocare di fino, all’Europea con il grande brasiliano figlio del vento. Quattro gol fulminei e applausi al migliore.

    S come scudetto. Dal 2006 al 2010 hanno lottato per il titolo. Mancini contro Spalletti e poi Mou contro Ranieri. Teatro cavalleresco da Inghilterra medievale, quella dei Lancaster e degli York. Ha vinto sempre l’Inter ma la Roma è arrivata due volte ad un punto, onorando e dando ancor più valore ai successi grandi dell’Inter morattiana.  

    T come Triplete. L’anno del signore 2010. Mou, Cambiasso, Zanetti, Eto’O, Milito, Samuel come Sordi, Tognazzi, Robert Hussein, Enrico Maria Salerno, cioè grandissimi e vincenti, nonché prima, visionari di un sogno. In quell’anno due dei tre trofei l’Inter li vinse contro la Roma povera ma bella dell’ultima era Sensi. Quando il tuo nemico e grande e vale, allora la tua vittoria è più grande. Toro Seduto non era dell’Inter ma Mou che un po’ moicano è, queste cose le sa.

    U come Uefa. La finale del 1991 tutta italiana tra L’Inter dell’ultimo Trapattoni e la Roma di Ottavio Bianchi. Eretici dell’italianismo più spinto e convinto negli anni del sacchismo calviniano. Due finali equilibrate risolte dalla freddezza di Matthaus, il grande Lothar e da una super difesa, Zenga, Bergomi, Ferri, Battistini, Brehme, che resistette con forza nell’Olimpico degli 80.000

    V come Volk. Io non penso io tiro. Era questa la massima di vita calcistica del fiumano Rodolfo, nome anni ’30 e corporatura robusta. Fece sua questa concezione del gioco semplice e letale, anche davanti alla grande Inter campione d’Italia 1930 che scesa a Testaccio, perse 2-1 con un suo gol decisivo a battere anche il grande Meazza.

    Z come Zanetti. Il grande capitano che arrivò in sordina. Nessuno lo considerò un grande acquisto e invece è divenuto bandiera argentina nella Milano dalla faccia mistica. Al minuto ’90 dell’Inter –Roma scudetto 2008, calcia in porta, da fuori area, il gol della vittoria, benché quello sia solo in apparenza il pareggio di una partita che l’Inter meritatamente perdeva e che recuperò come fanno solo le grandi squadre. 

    @MQuaglini

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