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  • Da 'L'Olanda di Cruyff è ricordata più di chi ha vinto' a 'Nello sport andarci vicino non conta': la metamorfosi di Sarri è completa

    Da 'L'Olanda di Cruyff è ricordata più di chi ha vinto' a 'Nello sport andarci vicino non conta': la metamorfosi di Sarri è completa

    "Faccio sport, nello sport la parola vicino significa nulla. Non mi interessa, quindi la percezione della vittoria". Così ha dichiarato ieri Maurizio Sarri, a poche ore dalla partita contro l'Udinese che potrebbe regalargli il primo scudetto in carriera. Frasi molto più vicine a quelle passate agli annali del suo predecessore alla Juventus Massimiliano Allegri sull'ippica e la teoria del "corto muso" o a quelle di congedo dalla Juve ("Non ho ancora capito a 52 anni cosa vuol dire giocare bene. Quelli che vincono sono più bravi degli altri"), piuttosto che a quanto Sarri ebbe modo di dichiarare nel febbraio 2018, quando ancora difendeva i colori del Napoli: "Nella storia del calcio ci sono squadre che segnano un periodo: ad esempio negli Anni '70 si ricorda l'Olanda, e non chi ha vinto". Alla fine, da allenatore della Juve, si è dovuto convertire anche lui alla filosofia del "risultatismo", riponendo momentaneamente in soffitta quel bel gioco che, senza i giusti interpreti, non può trovare la sua piena compiutezza.

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    IL CONFRONTO CON ALLEGRI - Le scelte in campo, la decisione nell'arco della stagione di assecondare il talento individualistico delle sue stelle e di non provare più a imbrigliarle nei suoi schemi è stato il messaggio di resa più eclatante, che ha finito per far rispolverare i paragoni con Allegri da parte dei critici più spietati. C'è poco di Sarri in questa Juve, non soltanto per colpa sua certo, ma è un dato di fatto che, dal punto di vista estetico, molto raramente i bianconeri abbiano risposto alle aspettative. Eppure gli schemi, apertamente abiurati da Allegri - che li ha definiti "cavolate" - per l'ex tecnico del Napoli hanno una valenza: "I giocatori come cavalli? Spero solo non se ne accorgano i presidenti o i nostri salari subiranno tanto. Che un tecnico non debba stravolgere i giocatori per allenare se stesso sono d'accordo, che debba incidere su una squadra rispettando le caratteristiche dei giocatori va fatto. Sono opinioni personali quelle di Allegri, un modo di intendere il lavoro differente", aveva detto, del resto, non più tardi di dicembre, alla vigilia della finale di Supercoppa contro la Lazio.

    CHE RETROMARCIA - Cos'è successo da allora? Molto semplicemente Sarri ha dovuto prendere atto del fatto che oggi è molto più redditizio, o forse inevitabili per le caratteristiche dei suoi centrocampisti, dipendere più dalle fiammate di Cristiano Ronaldo e Dybala piuttosto che pensare di andare a toccare un'organizzazione di gioco che nelle scorse stagioni esaltava soprattutto il rendimento di un settore difensivo pressoché impenetrabile e che quest'anno, invece, si è riscoperta più fragile. Come lo è, mentalmente, una squadra che si è contraddistinta per delle preoccupanti pause nell'arco della stessa partita, circostanza praticamente sconosciuta durante le gestioni di Conte prima e Allegri poi. Ammettere di aver sbagliato è sinonimo di intelligenza, ma passare dai paragoni con l'Olanda di Cruyff  alla teoria del "corto muso" forse è eccessivo.

     
     

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