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  • Da Maradona a Higuain: storia dei due Napoli

    Da Maradona a Higuain: storia dei due Napoli

    • Andrea Bosco
    I paragoni sono sempre aleatori. Se poi il confronto è tra epoche diverse, la cosa si rivela complicata. Spesso ci si interroga: chi è stato il più grande calciatore di tutti i tempi? C'è chi dice Pelè e chi tifa per Maradona. Gianni Brera sosteneva che uno come Meazza non si era più visto. Ma a Torino - sponda Juventus - ti spiegavano che Renato Cesarini era stato più forte di Omar Sivori. Se ti spostavi in zona Filadelfia, ti rammentavano che in Brasile, dove si è sempre  giocato un calcio d'eccellenza, avevano una venerazione per Valentino Mazzola. E che quel Josè Altafini, arrivato al Milan dopo il Mondiale di Svezia, in Brasile lo chiamavano “Mazzola“. Ogni campanile ha la sua campana, ogni borgo il suo gonfalone. E i paragoni andrebbero fatti  rispetto a tempistiche omogenee. Maradona - per dire - con Platini, al massimo con Van Basten, non con Pelè. E quindi quanto sto per scrivere va preso con il beneficio di inventario. Ma da mesi ormai i media si stanno interrogando: meglio il Napoli di Maradona o quello di Higuain? Il confronto è tra eccellenze di tipo diverso. Con giocatori profondamente diversi. Con allenatori simili, ma con presidenti agli antipodi l'uno dall'altro.

    Il Napoli di Maradona e quello di De Laurentiis. Già nella dicitura, la differenza. Un giocatore, un asso, un fuoriclasse. E un uomo di cinema, un manager, un appassionato. Della città Napoli, prima che del calcio.

    Ma alla base, all'inizio delle due storie, c'è  un pregiudizio che nei secoli si è stratificato. Napoli eccellenza del gusto, dell'architettura, dello spettacolo, della musica e del teatro, stuprata dalla malattia sociale che porta il nome di camorra. Una malavita che si sostituisce nella gestione del quotidiano, alle istituzioni. Una malavita dà lavoro (illegale) ad intere comunità. E che, prima trattando con la politica e poi facendosi essa stessa  “politica“, è diventata una vera industria: tra le più fiorenti del Paese.

    La malattia è antica. Qualche vita fa uno dei miei esami universitari all'ateneo di Padova, contemplava la “Geografia del sottosviluppo“. E inevitabilmente la “Questione Meridonale“.  Della quale Gaetano Salvemini così, scriveva : “Se dall'Unità d'Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli addirittura è stata assassinata. Ha perduto la Capitale (ndr: Regno delle due Sicilie). Ha finito di essere il mercato del Mezzogiorno. E' caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone“ . 

    Per capire cosa sia stato il Napoli di Maradona per Napoli, bisogna tener conto di queste, illuminate ed inascoltate parole. Il calcio a Napoli passa dal potentato del comandante Lauro, armatore conosciuto in tutto il mondo che per la sua campagna elettorale, oltre ai pacchi di pasta, in un riconosciuto voto di scambio, offriva ai suoi concittadini i Jeppson e i Vinicio. Armatore, presidente del Napoli, sindaco di Napoli: il monarchico Achille Lauro aveva bene in testa il sempre decisivo motto latino: panem et circenses. Lo svedese Jeppson che era arrivato in Italia all'Atalanta per una cifra modesta, fu rivenduto al Napoli a quella record di 105 milioni - erano i primi anni Cinquanta , moneta corrente la lira - dell'epoca. I napoletani con la consueta arguzia soprannominarono Jeppson “Il Banco di Napoli“. Nel 1969 quando Corrado Ferlaino subentra alla famiglia Lauro al vertice del Napoli, ha le idee molto chiare. Vuole lo scudetto.  Quello scudetto a lungo accarezzato da Lauro e mai portato sotto il Vesuvio. L'uomo ha l'impresa nel sangue. E nel sangue, ha il rischio. Restaura  ville ad Ercolano quando la cultura in Italia è un vocabolo da Accademia dei Lincei. Corre la Targa Florio - gara bella e pericolosa - con una Ferrari GTO, arrivando anche al quinto posto. Si prende le sue dai tifosi quando cede Zoff alla Juventus, ma  si rappacifica con le curve mettendo sotto contratto il bomber di quella stagione (Savoldi) e un olandese, Krol, colonna della sua nazionale. Nel 1986 Ferlaino compie il capolavoro. Ha uno staff di prim'ordine con Italo Allodi e Pierpaolo Marino. In panca il pragmatico, flemmatico Bianchi. Ma soprattutto mette in piedi una squadra con i fiocchi: Garella, Ferrara, Bagni, Carnevale, Giordano. In regia Bianchi piazza un tipo euclideo a nome Romano: sarà l'equilibratore di quel Napoli. Ma soprattutto dal Barcellona, il vulcanico Ferlaino per una cifra record di svariati miliardi aveva fatto arrivare due anni prima il fenomeno dei fenomeni:  Diego Armando Maradona. Tra l'argentino e Napoli è amore a prima vista. E come fin dall'inizio Ferlaino aveva programmato, sarà scudetto. L'anno successivo nello staff entra Luciano Moggi: in attacco arriva il brasiliano Careca. Con Maradona il Napoli vince 2 scudetti, 1 coppa Uefa, una Coppa Italia,  1 Supercoppa italiana. In precedenza negli anni Settanta, Ferlaino aveva vinto una Coppa Italia e una Coppa di Lega Italo - Inglese. Ferlaino sarà il dominus di quel Napoli fino al 2000. In mezzo la brutta storia di droga e cocaina che vide protagonista Diego Armando. E una  presunta evasione fiscale per decine di milioni di euro attribuita a Ferlaino.

    Aurelio De Laurentiis parte dalle ceneri. Da un Napoli in brache di tela, retrocesso in serie C1 . De Laurentis viene da una famiglia di imprenditori cinematografici. Ha gli affari e lo spettacolo nel dna. Nel calcio si muove lentamente, vagliando il prodotto, cercando di capire i meccanismi. E' un uomo che gli affari li sa fare bene. Cavani e Lavezzi, comprati a poco e venduti a peso d'oro al Paris SG sono due capolavori finanziari. Aurelio De Laurentiis non è solo il produttore dei cinepanettoni che a Natale riempiono le sale e finiscono al botteghino campioni d'incasso. Produce anche film come  “Un borghese piccolo, piccolo“ , “Amici miei atto II“. “Il testimone della sposa “, “Il terzo tempo“. E' un uomo solido. Se Ferlaino aveva l'aspetto “furbetto“ e fintamente dimesso di un personaggio da commedia di Eduardo, la narrazione di Aurelio De Laurentiis è pomposa, spagnoleggiante. I capelli argentati e tirati all'indietro come un divo hollywoodiano anni Cinquanta, la barba curatissima, l'eloquenza da principe del foro. De Laurentiis quando parla, ha  volute sospensioni che  costringono l'interlocutore a pendere dalle sue labbra. Fa cadere le parole dall'alto, ma in modo misurato. Ci ha messo un poco a capire il sistema. Ma quando ha capito si è schierato con chi in Lega e in Federazione aveva i voti. Tradotto: il potere. Il palmares di De Laurentiis è costituito da una Coppa Italia e da un Supercoppa Italiana entrambe vinte contro la Juventus. Ha cambiato negli ultimi anni vari allenatori: l'usato sicuro Reja, la stella (oggi offuscata) Mazzarri, il pacioso Benitez, l'uomo dei tanti trofei e dalla consolidata esperienza internazionale che con Napoli e con il Napoli non è riuscito a legare. Fino all'attuale Sarri. L'uomo in tuta che cinquantenne dopo lunga e dura provincia è arrivato al calcio che conta. L'uomo che sta facendo giocare benissimo il Napoli e che, grazie alle vittorie, ha fatto ritrovare al popolo del San Paolo e a quello dei vicoli spagnoli, una parola lontana ma mai dimenticata: “scudetto“. A Napoli ci credono e fanno bene. Questo davvero può essere l'anno buono. Non solo perché Napoli sta in campionato dando spettacolo. Ma perché De Laurentis non ha mai fatto il passo più lungo della gamba. I bilanci sono in ordine, i giocatori continuamente si apprezzano nella valutazione. De Laurentiis ha messo la mordacchia anche alle frange irricevibili del tifo, costringendo i “Jenny a' Carogna“ in un perimetro sempre più ristretto. Un segnale che il Napoli - sotto tutti i profili – è una società sana. Con un leader argentino che di nome fa Gonzalo e di cognome Higuain. Un Rambo delle aree di rigore che - dall'inizio della stagione – sforna prestazioni d'oro zecchino. 
     
    La domanda iniziale resta: più forte il Napoli di Maradona o quello di Higuain? Altro calcio, altri interpreti, altra velocità, altre valutazioni arbitrali. Con i regolamenti odierni, ogni formazione del campionato di fronte a Maradona finirebbe sistematicamente le partite in 8 uomini. Perché  se Reina può reggere il paragone con Garella (un portiere, anche lui, che usciva con i piedi)  Allan con Bagni, Albiol con Ferrara, Jorginho con Romano ,Callejon e Insigne con Giordano e Carnevale (poi Careca), il pur bravissimo Hamsik non lo può reggere con Maradona. El pibe de oro era Il Calcio. Uno che semplicemente non può essere paragonato. Il Napoli di Maradona era più forte di questo Napoli semplicemente perché uno come Diego Armando nasce ogni  200 anni. Se nasce. Il  Napoli di Ferlaino ha avuto un respiro intermittente. Legato alla mostruosa bravura di Maradona, ma anche ai suoi vizi, al suo ego, alle sue pessime frequentazioni, alle sue bizzarrie. Che compagni, pubblico, allenatore e presidente perdonavano. Come si perdona un ragazzino sbarazzino che la “ fa grossa “ ma che si spera sempre possa ravvedersi. Troppo ingombrante la personalità di Maradona, per essere controllata. Un giocatore speciale. L'unico con Garrincha (nel 1962) a vincere un mondiale praticamente da solo. Con una truffaldina “mano de dios“ dal profumo partenopeo. Ma anche medicata dal gol più bello della storia del calcio. Il Napoli di Maradona che se la vedeva con la Juve di Platini e il Milan dei tre olandesi, resterà una gemma grezza dalla infinita luminosità e bellezza. Il  Napoli di De Laurentiis (e di Sarri e di Higuain) può avere un grande futuro. Napoli è città metropolitana, con un milione e oltre di persone come potenziale bacino d'utenza. Ma nel mondo i tifosi napoletani, sono secondi solo a quelli juventini. E sono ovunque. Molti di loro a New York. La moderna Carcassonne come la definiva Henry Miller in “ Max e i fagociti bianchi“. La città degli affari e di una  Borsa che notoriamente è la prima del mondo. In Italia con quattro scudetti consecutivi sta dominando la Juventus. Ma la classifica e gli investimenti, dicono, che, pur con un minore fatturato, il Napoli, ormai è lì. E quindi la “poltrona“ oggi, come mai lo è stata ieri, neppure ai tempi dorati di Maradona,  è “per due“. Resta da capire quali colori in questa commedia a tinte azzurro-bianconere - indosserà Billie Ray Valentine  – Murphy. Lo sapremo presto. 

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