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  • Dal PSG e il City all'acquisto del Milan di Investcorp: il calcio ormai è degli arabi

    Dal PSG e il City all'acquisto del Milan di Investcorp: il calcio ormai è degli arabi

    • Furio Zara
      Furio Zara
    La bandiera che il fondo Investcorp del Bahrain - per mano del suo presidente Mohammed Al Ardhi - sta piantando in Italia è solo una delle tante che gli arabi hanno seminato nel mondo in questi ultimi anni. Si stanno comprando la Torta-Calcio, un pezzo alla volta, superando gli oligarchi russi (il loro tempo è finito) e gli avventurieri cinesi (mai troppo esposti) e surclassando di fatto per liquidità i grandi gruppi americani; ma in verità stanno facendo qualcosa di più: marchiando a ferro, fuoco e petrodollari il sistema di un mondo uscito esangue dai due anni di pandemia e bisognoso di denaro e investimenti. E’ un processo che ha trovato la sua vetrina nell’assegnazione (2010) del Mondiale di novembre-dicembre in Qatar.

    Ebbene: con l’acquisto del Milan, avremo anche la prima proprietà araba nel nostro campionato. Altre arriveranno, potete starne certi. Altrove, in Europa e nel mondo, lo sappiamo bene, è già una consuetudine. Il PSG è arabo da oltre un decennio: era infatti il 2011 quando lo sceicco Nasser Al-Khelaifi, attraverso il Qatar Sports Investments, acquistò il 70% del club e un anno dopo - valutando l’intera operazione 170 milioni di euro - comprò definitivamente il club. In Inghilterra sono di proprietà araba il Manchester City (Abu Dhabi United Group, Emirati Arabi) e il Newcastle (Public Investment Fund, Arabia Saudita); ma anche il Wigan, che appartiene a Talal Al-Hammad (Bahrain) e lo Sheffield United (United World Group, Arabia Saudita): una vera e propria colonizzazione, con una disponibilità di denaro che sta marcando un confine e che diversifica gli acquisti. Per dire: i padroni dello Sheffield sono gli stessi del Beerschot, club belga della Pro League e anche dello Châteauroux, club che milita nella terza serie francese.

    Per i Paperoni arabi il calcio è una forma - una delle tante, la più popolare però - di intrattenimento. Come tale lo trattano, e l’hanno capito da tempo. Fin da quando - era il 2004 - Emirates Airlines, la compagnia aerea di bandiera dell'Emirato arabo di Dubai e di proprietà del governo, iniziò a sponsorizzare l’Arsenal, con un contratto di sponsorship per un valore di 100 milioni di sterline e la costruzione dello stadio (che infatti oggi si chiama Emirates Stadium). 

    Unendo i puntini si scopre che il City Football Group - società controllata dal fondo Abu Dhabi United Group (lo stesso del City, la cui figura di riferimento è il noto sceicco Mansour) - è proprietaria in Francia del Troyes (club giovanissimo, è stato fondato nel 1986, che da anni sta facendo su e giù tra Ligue 1 e Ligue 2), in Spagna del Girona (Segunda Division), in Belgio del Lommel (Pro League 1B, la seconda serie), in Uruguay del Montevideo City Torque, comprato nel 2017 e subito portato nella massima serie uruguaiana, in India del Mumbai City Fc (prima divisione) e in Cina del Sichuan Fc. Europa, Asia, Sudamerica: qui Califfato Arabo, a voi mondo. Solitamente i dirigenti di questi grandi gruppi preferiscono rimanere nell’ombra, l’eccezione è costituita da Turki Al-Sheikh, padrone dell’Almeria, club che sta lottando nella Segunda Division spagnola nel tentativo di salire nella Liga. Turki Al-Sheikh, 40enne saudita, scrittore, cantante, uno che si definisce “un uomo di spettacolo”, si fa fotografare sempre con la maglia ufficiale del club e quando ha acquistato l’Almeria ha annunciato di voler “portare qui Messi nel giro di cinque anni”. Non scherzava. 

    Ci sono poi società che si stanno muovendo sottotraccia - o almeno, un passo a lato dalle luci della ribalta - ma che stanno pianificando il futuro. L’Aspire Zone Foundation - fondazione del Qatar con risorse di ricchezza pressoché illimitate - ha nel suo portafoglio da una decina d’anni l’Eupen, squadra belga di Pro League, e il Cultural Leonesa, club spagnolo che milita in Primera Division, la terza serie del campionato spagnolo. Vien da pensare che alla proprietà qatariota basterebbe davvero poco per riversare una montagna di soldi su questi due club e portarli ai vertici dei loro paesi nel giro di pochi anni. Se non l’hanno ancora fatto, è solo perché così prevede la loro strategia.

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