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  • Del Piero e la 'punizione perfetta' di Roberto Carlos studiata dai fisici. VIDEO

    Del Piero e la 'punizione perfetta' di Roberto Carlos studiata dai fisici. VIDEO

    Studio: la punizione perfetta esiste.
    L'esecuzione di Roberto Carlos nel 1997 entra nei testi dei fisici come "l'equazione del brasiliano".
    E' entrato nella storia del calcio come uno dei gol più belli di sempre. E più inspiegabili. Ma finalmente il mistero è svelato. Un'equipe del Politecnico di Palaiseau, vicino Parigi, ha compiuto esperimenti sulla traiettoria e sulla rotazione della palla (anche attraverso fluidi), spiegando scientificamente la punizione con cui Roberto Carlos nel 1997 sorprese Barthez.
    La loro ricerca ha confermato l'influsso dell'effetto Magnus - che imprime una traiettoria curva a un oggetto che ruota - e rivelato nuovi elementi. Gli scienziati francesi hanno scoperto che l'attrito esercitato su una palla dall'atmosfera circostante rallenta la rotazione, permettendo un cambio di traiettoria all'ultimo momento. Il responsabile della ricerca, Christophe Clanet, ha chiarito che «la traiettoria di una sfera che gira su se stessa è una spirale».

    La distanza è un fattore cruciale. Come nel caso del brasiliano (35 metri), che sorprese tutto il mondo con una traiettoria imprevedibile.

    Per il capitano della Juve on c'è bisogno di matematica o fisica.
    Del Piero: "La punizione ideale è quella che entra in rete".
    "Come faccio a dimenticarla? La punizione di Roberto Carlos, quella punizione, mi impressionò, un gesto tecnico sensazionale, da restare a bocca aperta. Ora mi chiedete se sia stata la punizione perfetta, anzi se ne esista una. Fidatevi, esiste, è quella che entra in rete, la punizione vincente. Non c’è bisogno di disturbare matematici e fisici".

    "Nel calcio il risultato assorbe l’esecuzione, come il contenitore con il contenuto. Pensate che se quella punizione fosse andata fuori di un soffio, o fosse finita sul palo, pensate che se Barthez l’avesse parata ne verrebbe ancora esaltata l’importanza? Dubito che l’avrebbero studiata per analizzarla. La bellezza sta nell’essenzialità: il pallone è entrato, non importa come, se con un effetto particolare o perché è stato calciato forte, all’incrocio dei pali o sul palo interno, spiazzando o no il portiere. Tutti particolari. Anche perché con i palloni di adesso si sono moltiplicati i modi di calciare: se colpisco bene, in un certo modo, imprimo subito una traiettoria particolare".

    "Dunque, se la perfezione è il risultato, come faccio a raggiungerla? Alla base di tutto c’è il talento, una sorta di perfezione inconsapevole, legata alle capacità tecniche e mentali di chi calcia. La testa è importante, ci sono una serie di dati da analizzare e c’è una decisione da prendere, in poco tempo. Devi valutare la posizione in cui ti trovi, quella della palla e del portiere tra i pali, studiare la collocazione della barriera e dei compagni. È chiaro che da 30 metri difficilmente tenterai un tiro a giro: niente di matematico, semmai un po’ di filosofia. E gli allenamenti? Incidono sulle percentuali di successo, più ti eserciti più sono alte, ma gli allenamenti non sopperiscono al talento".

    "All’inizio della mia carriera, segnavo quasi esclusivamente tra i 16 e i 22 metri. Con il passare del tempo ho allungato le distanze e variato i modi di calciare, anche a seconda delle condizioni climatiche e del terreno. Ho una mia posizione ideale, diciamo tre passi a sinistra dal centroporta. E quando riesco a far gol sento di aver raggiunto la perfezione, la massima efficienza".
     


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