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  • Diario di una quarantena, Tavano dalla Serie B al Nicaragua: 'Ecco il nostro calcio ai tempi del coronavirus'

    Diario di una quarantena, Tavano dalla Serie B al Nicaragua: 'Ecco il nostro calcio ai tempi del coronavirus'

    • Luca Fazzini
    Che cos'hanno in comune Nicaragua, Bielorussia, Burundi e Tagikistan? Probabilmente nulla, se non che sono gli unici paesi al mondo in cui il pallone rotola ancora. Nella puntata odierna di Diario di una quarantena siamo andati a scovare queste realtà, dove il calcio non si ferma davanti alla pandemia globale di coronavirus. Siamo a Estelí, a 9.394 chilometri e otto ore di fuso orario da Milano. Una città di poco più di 110.000 abitanti, a 2 ore di macchina da Managua, capitale del Nicaragua. Nel Real Estelí Fútbol Club, società nata nel 1961 e che vanta 14 titoli nazionali, gioca Fabrizio Tavano, la cui storia è tutta da raccontare (e leggere).

    GLI ANNI IN ITALIA - Nato nell'agosto 1993 a Città del Messico, Fabrizio vanta tre nazionalità: messicana, ovviamente, ma anche italiana e neozelandese. Da parte del padre, infatti, ha nonni originari di Roma. Un'attrazione, quella del Belpaese, che lo porta nel 2009 a fare un provino per la Primavera del Vicenza. Esame superato, Fabrizio gioca tre anni tra Vicenza, Pisa e Carpi: "La verità è che mi  piacerebbe tornare in Italia" racconta in esclusiva a Calciomercato.com. "Sono stato molto bene negli anni scorsi. Se ci fosse la possibilità di tornare, me encantaría!". 

    IN CERCA DI AVVENTURE - Dopo l'Italia ecco la Nuova Zelanda, un'esperienza di cinque anni nell'Auckland City: "Cerco nuovi paesi, nuovi campionati". Da qui la volontà di provare una nuova sfida: "Dopo sei mesi in  Messico, in cui sono stato molto bene e ho aiutato la squadra con gol e assist, si è aperta una nuova porta. Con il mio agente è nata l'opportunità di venire in Nicaragua. Ho pensato fosse una  grande chance per conoscere una nuova cultura e un nuovo campionato". 

    TUTTI IN CAMPO - Fabrizio è contento, i suoi messaggi vocali dal marcatissimo accento méxicano sprigionano amore per lo sport e la vita: "Qui in Nicaragua il calcio è un po' diverso rispetto agli altri paesi in  cui ho giocato: dominano i lanci lunghi, i duelli aerei, c'è maggior contatto fisico". Poi continua: "Qui non ci sono molti casi di coronavirus: i contagi sono 5-6 in tutto il Nicaragua, due a Estelí. Dove vivo io hanno chiuso diversi locali, ma la gente continua a fare la solita vita, c'è gente in strada a ogni ora. In squadra parliamo tra di noi, siamo concordi sul fatto che occorre prenderci cura di noi stessi e degli altri. Occorre uscire di casa il meno possibile, solo per questioni essenziali come la spesa, la farmacia o gli allenamenti".

    CALCIO E VIRUS - Già, gli allenamenti. Perché il Nicaragua non si ferma, anzi. Attira a sé i bookmakers e qualche emittente televisiva, sfamando quell'irresistibile voglia di calcio: "Due settimane fa abbiamo  avuto una riunione con il presidente del club, che ci ha spiegato come la Federazione e i dirigenti di ogni club fossero d'accordo sul fatto di giocare a porte chiuse. Abbiamo già giocato 6-7 partite senza pubblico. Prima della scorsa partita hanno stabilito che non dessimo la mano agli avversari. Non so se sia giusto, confido nelle decisioni che sono state prese. E' il nostro lavoro,  se credono che sia giusto andare avanti lo faremo nel miglior modo possibile. E' molto diverso giocare una partita senza questa preoccupazione. Ovviamente non sappiamo cosa stiano facendo gli avversari, è difficile capire che non devi stringergli la mano prima della partita ma dopo due minuti lo stai affrontando, lo marchi e ti scontri con lui. Giocare una partita così è un po' diverso. Mascherine e guanti? No, semplicemente giochiamo senza pubblico. Per il resto si gioca normalmente". E nel salutarci, ci assicura: "Spero migliori la situazione, un abbraccio forte a tutta  l'Italia!". Solidarietà e affetto a 9.394 chilometri di distanza. 

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