Calciomercato.com

  • Dove vai se il procuratore non ce l’hai?

    Dove vai se il procuratore non ce l’hai?

    • Marco Bernardini
    Lavorare stanca, si sa. Ma l’uomo e la donna (purtroppo anche i bambini specialmente nei Paesi asiatici) a causa di una banalissima e innocente “mela” sono obbligati a faticare per campare in maniera variamente dignitosa. La regola generale è quella dei cinque giorni a settimana, salvo feste comandate, e poi un mese di quelle che i ricchi definiscono “vacanze” mentre per gli altri sono “ferie”. In ogni caso da questo “trantran” nessun può chiamarsi fuori. Quasi nessuno. 

    Esiste una speciale categoria di professionisti raggruppati in tanto di “albo” che riesce a spalmare la propria attività sull’arco di quattro mesi. Un paio in inverno e altri due in estate per poi il resto dell’anno impiegarlo, molto più pacatamente, per il controllo a distanza del meccanismo da loro messo in funzione. Nel calcio, ma nello sport in senso ampio, la loro definizione è quella di procuratori. Una categoria di recente formazione (ufficiale) che negli Anni Sessanta-Settanta agiva in semiclandestinità perlopiù invisa ai presidenti i quali preferivano affidarsi ai loro direttori sportivi. Boniperti,  per esempio, era un loro nemico giurato e li subiva come il fumo negli occhi. E dire che il termine procuratore deriva dal latino classico e significa “custode o amministratore dei beni pubblici  a favore della collettività e della Stato”. Una forma di assoluta nobiltà etica. Una figura carismatica e importante  per la società civile, ma anche rischiosa come racconta la storia tragica dei procuratori di Palermo.

    Un termine, quello di “procura”, che può anche essere letto in maniera completamente differente e sostanzialmente dispregiativo. Nel lessico tradizionale della vecchia “mala” di una volta tutta “onore e coltello” possedere una o più “procure” significava poter vantare la “gestione” di una o più “lucciole” della strada. Il famoso “macrò” francese o il “magnaccia” italiano che trascorrevano le giornate nella sala del biliardo e che poi uscivano all’alba per andare a incassare la marchetta. Una spregevole figura di sfruttatore che, per fortuna, Internet ha provveduto a cancellare quasi del tutto non perché il mestiere più antico del mondo sia entrato in crisi ma perché le “donnine” lavorano sul computer, si chiamano “escort” e non hanno più bisogno di “protezione”.

    Anche la natura possiede alcune tipologie di “procuratori”. Il caso più celebre è quello legato al “paguro bernardo”, un animale marino della categoria crostacei che vive sui fondali insieme con l’attinia che si porta inseparabilmente sul dorso. Il fenomeno si chiama scientificamente simbiosi mutualistica e appaga entrambi. L’attinia provvede a ripulire con regolarità la corazza del suo ospite il quale ricambia portandola in giro per trovare bici e nuove possibilità di accoppiamento.

    Quello del calcio è un mondo strano. Diciamo che è un pianeta a parte. Sfugge ad ogni tipo di classificazione esattamente come i protagonisti che lo compongono. Anche i procuratori che una volta venivano definiti con il termine certamente non benevolo di “faccendieri”. Il ventaglio della categoria è quanto mia ampio e variegato. Dai laureati in avvocatura o in economia e finanza a ex agenti immobiliari o gestori di pompe di benzina. Da ex giocatori di pallone, più o meno famosi e appagati, a figli di sportivi che non avevano troppa voglia di studiare. Fino all’estremo di personaggi oscuri e anche discutibili per il loro passato come quella cinquantina di persone raggiunte da avviso di garanzia, nella sola Toscana, e indagati dagli agenti incaricati per l’operazione “Dirty Soccer” su partite vendute e comprate in Lega Pro oltreché per sfruttamento minorile. Nel mucchio dirigenti, allenatori, magazzinieri e procuratori. Si tratta, naturalmente, della “schiuma” inquinante prodotta inevitabilmente da un’onda lunga e potente la cui genesi va ritrovata in quel falò del denaro (dal cinque al dieci per cento a seconda dei casi) intorno al quale danza l’orgia dell’intero calcio. Non soli in Italia, si badi. Tant’è, l’unico procuratore di cittadinanza italiana che figura nella classifica dei più ricchi (250 milioni a stagione) è il celebre Mino Raiola.

    Per la verità esistono calciatori e atleti in genere i quali non provano la necessità di “essere protetti”  o comunque salvaguardati sotto il profilo economico e non. Ma è  sempre più raro il gruppo di quelli che preferiscono fare da soli o, al limite, affidare la loro gestione di immagine e bancaria a qualche loro famigliare per evitare brutte sorprese come accadde alla “belva” Tyson il quale, dopo una vita di pugni miliardari, dovette prendere atto di essere uno straccione perché il  suo manager Don King aveva dilapidato tutto il tesoro. Più o meno quel che avvenne a Maradona con Guillermo Coppola. Possedere al proprio fianco un “angelo custode” che vive la vita di tutti i giorni al posto tuo per ciò che riguarda le “noie” quotidiane normali per ciascun umano (dal contratto all’affitto di casa, dal pagamento delle bollette e delle multe all’appuntamento con il parrucchiere, dai rapporti con i media alle trattative con gli sponsor e fino alla difesa dai paparazzi) è decisamente comodo. Costa parecchio, è vero, ma forse ne vale la pena. Soprattutto per quelli che, povere anime, senza procuratore non saprebbero dove andare.

    Altre Notizie