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Draghi è prigioniero di se stesso e della sua abilità: senza lui come Premier l’Italia ritornerebbe piccola

Draghi è prigioniero di se stesso e della sua abilità: senza lui come Premier l’Italia ritornerebbe piccola

  • Marco Bernardini
    Marco Bernardini
Anche per oggi niente “ecce homo”Schede e bianche e cognomi sparati a caso. L’Italia, per il secondo giorno, resta senza il nuovo presidente della Repubblica e la corsa al Quirinale appare sempre più simile ad una partita di poker con al tavolo uno dei giocatori che nasconde un asso nella manica pronto a calarlo sul tappetino verde al momento giusto. Ieri, soprattutto dopo l’incontro tra Mario Draghi e Matteo Salvini, sembrava che le cose avessero preso una direzione abbastanza precisa la quale, dopo le tradizionali schermaglie di rito, avrebbe dovuto portare l’attuale primo ministro al Quirinale quale successore dell’ormai fuoriuscito Mattarella.

Oggi una clamorosa marcia indietro ha rimescolato le carte lasciando intendere che i tempi della grande scelta saranno ancora lunghi. Il centrodestra, compatto, ha calato tre carte con intenzioni tutt’altro che esplorative: Marcello Pera, Carlo Nordio e Letizia Moratti. Certamente non tre assi, ma neppure tre scappati di casa. Tre personaggi, come si dice, “di bandiera” anche se non ufficialmente schierati. Il centrosinistra ha risposto tenendosi le carte ben strette in mano senza far trasparire emozioni di alcun tipo.

Soltanto il movimento guidato da Conte, i 5 stelle, ha timidamente replicato con due nomi di pesi leggeri. L’impressione è che ci si trovi nella delicata fase del “bluff” e che ciascuno dei giocatori non abbia intenzione di far capire all’avversario a quale gioco stia giocando. La percezione che abbiamo è che tutte le forze in campo siano dominate non soltanto dall’incertezza ma dalla paura.

Il terrore, politico ma non solo, di ritrovarsi a dover fare i conti con un caos calmo e organizzato sia che Mario Draghi alla fine la spunti e diventi presidente e sia, nel caso contrario, rimanga obtorto collo a Palazzo Chigi come premier della coalizione più bizzarra e controversa mai avuta in Italia.

La prima soluzione comporterebbe, intanto, la fine più o meno immediata dell’attuale Governo e il ricorso ad elezioni che nessuno in questo momento vuole. Nel contempo il Paese potrebbe contare su di un presidente di indiscusso rilievo, ma persino eccesivo rispetto al compito istituzionale di semplice garante della Costituzione repubblicana.

Nel secondo caso, quello più auspicabile anche se forse meno gradito dal premier, l’Italia potrebbe continuare a viaggiare lungo il cammino, locale ed europeo, tracciato da ”Super Mario” che questa volta non è Balotelli. Guidato cioè da un uomo che per competenza, serietà, autorevolezza e anche charme ci viene invidiato dall’Europa e dal mondo. Il momento è delicatissimo, a livello nazionale e internazionale.

La pandemia non è finita, la marcia regolata dagli impegni presi con l’Europa è appena cominciata. Decisioni di portata colossale e di grandissimo rischio si profilano all’orizzonte oltre il quale si trova l’Ucraina. Draghi fin qui ha dimostrato di essere all’altezza del compito di premier in una Repubblica che non è presidenziale. Per il bene comune, prenda atto che un poco ora è prigioniero di se stesso e della sua bravura e, malgrado le promesse che gli aveva fatto Mattarella, dimentichi la strada che conduce al Quirinale.

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