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  • Due motivi per cui Ancelotti non è un bollito. L'Everton per dimenticare i litigi di Napoli

    Due motivi per cui Ancelotti non è un bollito. L'Everton per dimenticare i litigi di Napoli

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Il suo sogno era il Liverpool. Carlo Ancelotti ce lo confidò pochi giorni dopo il suo esonero dal Bayern Monaco. E adesso a Liverpool è arrivato, ma sull’altra sponda del Mersey, il fiume della città dei Beatles. L’Everton sta al Liverpool come il Torino alla Juventus, eterna seconda squadra della città e senza nemmeno la grande storia dei granata. L’Inghilterra, però, è l’Inghilterra e soprattutto la Premier è la Premier e così Ancelotti ha stabilito un nuovo record, perché in meno di una settimana è passato dall’azzurro del Napoli al blu dell’Everton.

    Una nuova sfida lo attende, dopo due esoneri consecutivi in due campionati, prima al Bayern Monaco in Germania, poi al Napoli in Italia. E così sono spuntate le ironie, pensando a un “triplete” al contrario di Ancelotti già definito “bollito” sui social. Lasciatelo dire, invece, a chi lo conosce da quarant’anni, da quando cioè debuttò in serie A con la maglia della Roma, guarda caso contro il Milan dove poi avrebbe vinto tutto come giocatore e allenatore. Ancelotti non è bollito per ameno due ragioni.

    Prima di tutto, se fosse davvero bollito, o semplicemente se avesse voglia di ridurre lo stress che accompagna gli allenatori, come ha sempre riconosciuto Sacchi, la vittima più illustre dello stress, il neo tecnico dell’Everton si sarebbe concesso un periodo di riposo, tra l’altro ben pagato. In fondo è questa la scelta dei suoi colleghi Allegri e Spalletti, decisi a trascorre una stagione da semplici osservatori per ricaricare le cosiddette batterie. Ancelotti, uno dei pochi che non conosce lo stress, proprio dopo il suo esonero da Bayern Monaco aveva rifiutato la proposta di allenare la Nazionale, perché voleva andare sul campo tutti i giorni. E nemmeno adesso, dopo l’esperienza per certi versi traumatica al Napoli, ha cambiato idea.

    Ecco perché ha colto al volo questa occasione, per dimostrare a tutti di saper rilanciare una squadra che è soltanto sedicesima, con 17 punti in 18 giornate. L’idea di fallire per la terza volta consecutiva non lo spaventa, perché a Liverpool comunque vada non sarà più lui a pagare per le divergenze all’interno della società, oppure tra la società e i giocatori.

    A Monaco, infatti, fu la vittima della guerra di potere tra Hoeness e Rummenigge e siccome il primo, tra l’altro incarcerato, contava più dell’ex interista che aveva portato Ancelotti a Monaco alla fine decise i suo esonero, anche se la squadra era ancora in corsa in campionato e in Champions League.

    A Napoli, come sanno tutti, Ancelotti si è trovato in mezzo tra De Laurentiis e la squadra, ribellatasi alla decisione del presidente di mandarla in ritiro. Inoltre con troppi giocatori in scadenza di contratto è stato tutto più difficile fin dall’inizio. E questo è il secondo elemento extracalcistico che esclude l’ipotesi di un Ancelotti bollito.

    Semmai, questo sì, Ancelotti ha pagato la mancanza di un vero filtro tra lui e i giocatori, perché la presenza al suo fianco del figlio Davide, a prescindere dalle sue qualità, ha creato spesso una situazione di imbarazzo. Anche per questo Ancelotti manterrà nel nuovo organico l’allenatore a interim Duncan Ferguson, convinto dalla fiducia incondizionata del presidente dell’Everton, Bill Kenwright, che ha garantito a lui e al suo staff un ricco contratto di 27 milioni lordi fino al 2024.

    Il debutto in panchina è previsto per il 26 dicembre, con l’obiettivo di riportare entro quattro anni l’Everton tra le grandi d’Inghilterra, sognando ripetere la storica impresa di Ranieri che condusse il Leicester al primo successo in Premier. Impresa difficile e per questo rischiosa, ma a 60 anni Ancelotti non ha più paura di niente. Anche perché sa benissimo che rischia molto di più il suo ex allievo Gattuso a Napoli.
     

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