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  • Dybala come Sivori: la Juve nel cuore

    Dybala come Sivori: la Juve nel cuore

    • Andrea Bosco
    L'ANGELO CON LA FACCIA SPORCA - Era una notte speciale. Di quelle che restano nella storia. Bianchi contro neri. Ma soprattutto era la notte della sfida tra la Saeta Rubia e l'Angelo con la faccia sporca. Il primo - Di Stefano - aveva fatto gol a Torino. Il secondo lo fece al Bernabeu. E nel finale sfiorò il raddoppio. Era stato incauto il direttore tecnico dei Blancos a sentenziare: “A Madrid, Sivori non toccherà palla: come a Torino“. Beh a Madrid, una Juve rabberciata, in maglia nera e con Charles centromediano, fece vedere un Sivori mostruoso. Che fece letteralmente ammattire la favolosa squadra di Di Stefano, Puskas e Gento. Perché  Sivori era uno che poteva vincere le partite da solo. Al Bernabeu, per la prima volta una squadra italiana si impose a quel Real che collezionava scudetti e Coppe dei Campioni. A Sivori, quella notte, non bastò la vittoria. Quella notte, Sivori voleva umiliare gli avversari. Lui era il torero che infilzava i suoi marcatori a colpi di tunnel, la palla passata attraverso le gambe dell'avversario. A Madrid quella notte si inventò l'incredibile: su  rinvio della difesa la palla sparì. Tutti correvano e la cercavano. Ce l'aveva lui: stoppata al volo tra tallone e coscia - per un attimo - in mezzo al campo su una sola gamba come un fenicottero. Omar Enrique Sivori era speciale. Un “vizio“ lo definiva l'Avvocato. Prima di un derby, disse ai giornalisti: “Domani farò un tunnel a Law“. Denis Law era una fantastica mezz'ala che fece le fortune del Torino e successivamente quelle del Manchester United. Detto e fatto: tunnel a Law andata e ritorno. 

    QUEI QUATTRO GIRI DI CAMPO - Omar Sivori era arrivato a Torino dal River Plate. Era il mancino del trio degli “angeli con la faccia sporca“: Maschio che finì al Bologna, Angelillo, che finì all'Inter e poi lui, che la Juventus ottenne per 160 milioni di lire: il doppio di quanto erano costati i suoi compagni. Maschio era un regista, Antonio Valentin Angelillo un centravanti dalle eleganti movenze: un Van Basten degli anni Sessanta. Omar Enrique Sivori era non catalogabile: Maradona nel numero di maglia e nell'immarcabilità quando era in giornata. Ma più cattivo del Pibe de Oro. Raffinato nelle spietatezze che esibiva ogni domenica. Nello Stadio Del River c'è una tribuna che porta il suo nome. Fece capire subito chi era alla presentazione : quattro giri di campo consecutivi, palleggiando e senza mai far cadere la palla. Aveva un sinistro magico: la palla era la sua amante. La toccava, la sfiorava, la domava.  E la palla gli ubbidiva, consenziente. Piccoli tocchi di punta e con la suola. Entrava in dribbling e ne seminava due – tre alla volta. Come in un Juve – Fiorentina  con tre suoi gol, all'esordiente Albertosi, l'ultimo, colpendo letteralmente da disteso per terra. Sul web c'è. In un Italia – Inghilterra finita 2-3, scrisse Gianni Brera: “Sivori umilia in dribbling, mimando una danza aborigena, sei avversari che impotenti lo accerchiano”. Il gol lo fece dal limite. La percezione fu che avesse colpito al volo. Invece no: palla alzata, come da una molla, con un tocchetto di destro e poi la spingardata di sinistro. Una volta gli chiesero: “E' Pelè il più grande giocatore del mondo?“. Lui rispose: “Vediamo stasera“. Era solo un'amichevole Juve–Santos in notturna a Torino. Vinse la Juve. Lui ne fece tre. O Rey, due. Alla fine cercò il medesimo giornalista e disse: “Capito chi è il più forte?“.

    IL RE DEL TUNNEL - Era indisciplinato, rissoso, provocatore. Ma se mandavi un cross verso l'area avversaria, dal niente spuntava il suo sinistro letale che irrideva i portieri. Con La Sampdoria, dopo averne seminato tre, portiere compreso, si ferma sulla linea di porta. Tocca la palla quel tanto che basta per sottrarla al terzino avversario che in scivolata cerca un miracoloso rinvio: terzino in fondo alla rete e un secondo dopo la palla irridente che gli accarezza la faccia. Quando era in giornata non potevi contenerlo.  Era un duro: più lo menavi e più ti prendeva per i fondelli a colpi di tunnel. Bolchi e Ferrini erano le vittime che prediligeva. Quella notte a Madrid aveva fatto nero anche il killer Pachin. Che nella terza gara al Parco dei Principi letteralmente giocò per spezzargli le gambe. Lui segnò, la Juve perse tre a uno. Penalizzata dall'infortunio di Charles che la ridusse per oltre un'ora praticamente in dieci. E da un arbitro (francese) sensibile al “fascino“ del potente franchista Saporta, presidente di quel Real. Quell'arbitro qualche tempo dopo fu radiato. Omar Sivori: se il ticchio lo ispirava, forniva ai compagni assist solo da spingere nella porta avversaria. Era irritante. Vicenza – Juventus, Heriberto è in panchina. Lui è sovrappeso. La Juve nel primo tempo ne ha messi dentro due. Ma nel primo minuto del secondo tempo accorcia le distanze tale Humberto del quale non saprei dirvi di più. Bene, lui si gira verso la sua difesa e con un cenno delle mani, dice : “Ci penso io“. Palla al centro , lui la dà a Castano, lungo spiovente, gli stanno addosso  due marcantoni, Savoini e De Marchi, ma non basta. Il demonio di San Nicholas allunga il sinistro sulla palla che spiove e con una palombella uccella il portiere avversario. Un minuto dopo. Torna a centrocampo caracollando come un bullo e tira un'occhiataccia a Heriberto. Lui era Omar Enrique Sivori, poesia, commedia e tragedia del calcio. 33 giornate di squalifica. Molte con la maglia  della  Juve , sei con quella del Napoli. Ma anche 153 gol in Italia. Sei contro l'Inter dei ragazzini, mandati per protesta dai milanesi a Torino, dopo una vicenda che segnò l'inizio dell'inimicizia tra Juventus e Inter. Lui ci aveva messo del suo scaraventando il pallone a San Siro, deliberatamente contro Helenio Herrera in panchina dopo che il Mago lo aveva definito “un giocatore da circo“ . A Torino in quel 9- 1 che segnò anche il debutto di Sandrino Mazzola, per molto si assentò dalla gara. Era impari e lui sembrava  scocciato di doverla  giocare. Ma poi, forse un fallo, forse una parola di troppo e  per l'Inter Primavera cominciò la grandinata. Ne fece sei. E non ci fu verso di fermarlo . Al quarto Boniperti che era alla sua gara d'addio gli disse: “Omar, basta …". 

    QUEL GOL A BOLOGNA - Niente da fare , lui era così. Con i calzettoni arrotolati e senza parastinchi a sfidare gli avversari. Perfido fino alla malizia . In un Padova – Juventus di Coppa Italia, con Madama ampiamente in vantaggio arriva un rigore, per un fallo plateale. Si presenta sul dischetto Sivori: di fronte c'è Pin. Sono amici, a Jesolo d'estate spesso hanno giocato a poker insieme . “Te faccio fare bella figura: te lo metto a destra“. Pin ringrazia e si butta. Ma la palla entra a sinistra. Pin esce di matto, lo insegue, e lui scappa ridendo con tutto il pubblico che ha capito e che lo insulta. Ma lui era così: un indio con la faccia “sporca“, il più grande giocoliere, assieme a Garrincha e Maradona che mai abbia calcato un campo di calcio. Io l'ho visto anche in allenamento: “Te la metto a destra, Carletto“ diceva a Mattrel che lo allenava sulle punizioni. Palla dentro a destra. Una, cinque, dieci, venti volte, con parabole impossibili, d'esterno o di collo.
    Il gol più bello è andato perduto. Un 2- 4  per la Juve (anche quella volta ne fa tre, il quarto Mora) a Bologna nel quale segna alla Maradona, costa a costa, nella porta del felsineo Attilio Santarelli. Lo  sfortunato operatore della Rai che cambiò la bobina della telecamera , proprio durante quell'azione ha la responsabilità di aver cancellato un gol memorabile. Ma io c'ero, mentre tutto lo stadio si alzava in piedi a gridargli “ mostro “. Strisciando sulle esse, come fanno da quelle parti. Lui era Omar Sivori. 

    DYBALA COME EL CABEZON ? - Tony Damascelli ha paragonato Dybala al Cabezon. Lo stesso ha fatto Marotta, dopo la doppietta di Udine.  In certe giocate il giovane argentino lo rammenta. Ma se posso dare un consiglio a Paulo Dybala: si guardi sul web i filmati dedicati a Sivori. Ne trarrà ispirazione. E capirà anche quanta strada e quanto lavoro dovrà fare per raggiungere quel livello. Omar Sivori è stato immenso. Ma come ha scritto Mario Sconcerti in un suo bel libro  “Ha avuto la sfortuna - all'epoca - di non avere la televisione“. Le immagini che entrano nelle case di tutti e restano nella Storia. Ma Sivori era un ufo, un marziano che aveva la Juventus nel cuore. Desiderava giocare con quella maglia, anche quando faceva meraviglie in Argentina nel River. Erano stati i racconti di Renato Cesarini a fargli entrare la Juve nel sangue. Già, Cè Cesarini che giocava con il numero 8 ma aveva le stigmate del  10. Io ero un giovincello, quando Giglio Panza, mitico direttore di Tuttosport mi raccontò che Cesarini era il più forte che avesse mai visto.  Anche più di Sivori. Cesarini: se esiste una “zona“ che porta il suo nome è perché quel satanasso aveva l'abitudine di timbrare le partite, negli ultimi minuti di gioco. Ho incontrato Cesarini due volte. Di una non dico altro perché fu per me- ragazzino- la fine di un sogno. La  seconda ero giovanotto, Cesarini era l'allenatore della Juventus. Tutta la squadra sudava e correva sul campo . Lui e Sivori erano distesi sul prato. “Cosa fanno?” chiesi al mio accompagnatore. “Cercano il quadrifoglio“, mi rispose. Omar Sivori che entrava sempre per ultimo e prima del fischio d'inizio tirava nella porta vuota avversaria (un avvertimento di quanto sarebbe successo poco dopo) era un vero Dieci. Forse il più grande - con tutto il rispetto per Platini, Baggio, Del Piero, Zidane (che non lo portava sulla maglia) e Tevez  tra i Dieci che Madama ha avuto nella sua storia. Cesarini non l'ho mai visto in campo. Ma ho visto uno che avrebbe potuto raccogliere l'eredità di Omar Sivori. Si chiamava Vieri ed era il papà del Bobo centravanti che avrebbe giocato anche con la Juve. Vieri senior aveva il “dono“. Ma non aveva testa. Gli piaceva la vita alla Vasco Rossi. Di lui, il suo allenatore , Carniglia, era solito dire : “Vieri ? Official: el mejor jugador du mundo . Para amigos ? Un hijo  de puta... eccetera“ . Ma per capire quanto fosse forte quel Vieri, basta andare in archivio a scovare un suo gol contro il Milan a San Siro : una rete da manicomio . Sì, forse Dybala può diventare il Sivori dei nostri giorni . 

    LA JUVE NEL CUORE - Se non si accontenterà. Se si migliorerà. La sua faccia è angelica, ma il suo cuore è  quello di un guerriero. E anche lui ama la Juve. Come Omar che continuò ad amarla anche con la maglia del Napoli. Anche dopo aver smesso di giocare. Sulla volta d'ingresso della sua fazienda in Argentina c'era lo stemma della Juventus. Perché anche  lui, l'inarrivabile angel con la cara sujcia, anche lui, come l'Avvocato, si emozionava. Anche solo a leggere una parola che cominciasse con la J. Juventus in latino , significa  "giovinezza". Quella che ha Dybala. Al quale auguro di invecchiare con la maglia bianconera. Dove (copyright Giampiero Boniperti) vincere non è importante: è ( come noto)  l'unica cosa che conta. L'unica cosa sulla quale Omar e Giampiero, agli antipodi per stile  e carattere (Aramis Boniperti, D' Artagnan, Sivori), fossero veramente d'accordo.    

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