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  • Dybala sessant’anni dopo Omar Sivori: ma il secondo angelo non deve cadere

    Dybala sessant’anni dopo Omar Sivori: ma il secondo angelo non deve cadere

    È il settimo minuto di Juventus-Barcellona. Paulo Dybala riceve palla con le spalle girate alla porta. Il suo piede è una calamita. La sfera gli si incolla addosso. Si parlano. Sono amici. Di più. Sono fratello e sorella. Si gira e pensa: “Devi andare là dove ti dico io”. Non è un calcio. E’ una carezza. Lei, la palla, obbedisce a quel tocco che visto dall’esterno pare il fendente della scimitarra saladina ma che, in realtà, è la pennellata di Picasso. Vola, candida come una colomba e fiera come un rapace, dove nessuna mano umana può toccarla. In quell’angolo della porta dove si è infilata, con la destrezza del ladro nella notte, gonfia la rete annunciando al suo mandante che la missione è compiuta. La  “fiesta”, dentro e fuori dal campo, può avere inizio.

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