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  • È tardi per il pugno duro, Leonardo ha perso l'Inter

    È tardi per il pugno duro, Leonardo ha perso l'Inter

    Ora è ufficiale, il feeling fra Leonardo e la «sua» Inter è un ricordo. Uscita con le ossa rotte dal doppio faccia a faccia con lo Schalke 04 in Champions, il rovescio nerazzurro a Parma sotto i colpi di Giovinco e Amauri fa segnare il punto di non ritorno dell'esperienza del tecnico brasiliano alla guida dei campioni del mondo. L'Inter scivola a meno otto dalla vetta, esce anche dalla corsa scudetto e si ritrova a dover ricucire nuovi strappi nello spogliatoio come se il tempo fosse improvvisamente tornato a quando ad Appiano Gentile lavorava Rafa Benitez.

    Lo sbarco dell'Inter in Emilia è preceduto da un carico di veleni. Dal pullman nerazzurro non scendono Maicon e Thiago Motta, a casa in punizione per aver vissuto la vigilia della notte di Parma non proprio come vorrebbero le regole di uno spogliatoio. Allenamenti senza testa, questi gli spifferi alla base di una scelta di Leonardo che non può che suonare come una rivoluzione, perché il pugno duro viene usato da un condottiero alle cronache come quello del dialogo sempre e comunque. Leo ha imposto la nuova linea, stop ai sorrisi, spazio alle decisioni, anche non gradite.

    E, a proposito del gruppo, i malumori aumentano quando il tecnico brasiliano annuncia la formazione: fuori Milito (come da previsioni), stessa sorte per Sneijder, e in questo caso la sorpresa è atomica. D'accordo, nel buio della tappa in Germania di metà settimana, il vice campione del mondo in Sudafrica non ha certo fatto niente per invertire la rotta, ma tenerlo in panchina anche se solo per un tempo è un segnale di non poco conto. Sneijder a un trattamento da seconda linea non è mai stato abituato nella sua avventura milanese, ma, adesso, per Leo quello che conta è solo arrivare a fine campionato guardando dentro alle proprie convinzioni anche a costo di alterare gli equilibri della truppa.

    A Parma, i ragazzi di casa hanno finalmente quegli occhi di tigre che avevano smarrito per strada. Colomba disegna una squadra con Amauri unico terminale e il duo formato da Giovinco e Candreva liberi di mandare fuori giri una difesa nerazzurra apparsa ancora una volta lenta e spaesata. Fra gli interisti, il solo Stankovic sembra avere il fuoco sacro di chi vorrebbe spaccare il mondo e ripiombare alle spalle dei cugini rossoneri, il resto della compagnia si muove al rallentatore. La prima emozione della sfida arriva proprio da un'invenzione del centrocampista serbo, quando Stankovic prende la mira e centra l'incrocio da trenta metri su punizione. Scampato il pericolo, la premiata ditta Amauri-Giovinco si accende ed è la Formica Atomica ai tempi juventini a salire in cattedra: Modesto lo invita al tiro dal cuore dell'area, Cambiasso e Lucio si addormentano e Giovinco fulmina Julio Cesar con una saetta precisa e velenosa.

    La reazione nerazzurra è affidata a qualche slalom di Sneijder che sembra così sconfessare le scelte iniziali di Leonardo (l'olandese è l'interista più lucido e sfiora il pari con un assalto da fuori area). Ma è sempre il Parma a dettare legge quando è il momento di riconquistare lo spazio nella metà campo avversaria. C'è molto Juve nella costruzione del successo degli emiliani perché dopo la firma di Giovinco arriva quella di Amauri: quest'ultimo prima fa sobbalzare il Tardini con un pallone telecomandato che va a sbattere sulla traversa a Julio Cesar battuto, poi ha la forza di beffare il portiere con un gol d'astuzia e precisione sotto lo sguardo di Lucio che non fa scattare il fuorigioco. Parma esce dall'incubo, l'Inter ci finisce dentro con la Coppa Italia unico traguardo di stagione.


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