Ecco perché il Milan d'Oriente è una grana anche per Berlusconi
LA VOLONTA' DI BERLUSCONI - Come scrive la Repubblica, infatti, "il leader del centro-destra è preoccupato dai guai del Milan d'Oriente: l'eventuale rivendita del club, a cifre meno fuori mercato di quella di aprile, aprirebbe gli occhi ai tifosi sugli esiti sportivi e finanziari del passaggio di proprietà, dal quale finora ha tratto vantaggio solo Fininvest". Continua, poi, la Repubblica: "Così, per scongiurare l’emorragia di voti, il patriarca muove la rete costruita nel trentennio di potere calcistico, economico e politico. E il Milan resta prigioniero di una perversa catena di interessi coincidenti, sintetizzati da un apparente paradosso: i potenziali nuovi compratori un gruppo arabo e un fondo europeo, per ora coperti entrambi dal segreto su identità e offerta vengono dirottati sulla prospettiva di sostituire Elliott nel rifinanziamento del debito di Li. Berlusconi ha tutto l’interesse a caldeggiare l’ingresso di un nuovo socio di minoranza, che affianchi Li: si parla di 30 milioni e del gruppo immobiliare saudita dei fratelli Fawaz, impegnati nell’area Falck di Sesto San Giovanni, feudo rosso passato a Forza Italia. Il sindaco Di Stefano è marito di Silvia Sardone, pupilla nella nouvelle vague del partito".
FASSONE ED ELLIOT - "Il fondo Elliot, che ha prestato 303 milioni di euro al Milan, ha tutto l'interesse ad aspettare: per far scattare i tassi da incubo, che Li non sia in grado di onorare l'impegno oppure che un nuovo finanziatore rilevi subito il debito, pagando tutti gli interessi fino a ottobre. "Anche Fassone", prosegue Repubblica, "ha tutto l'interesse a evitare la vendita del club e a spingere per il rifananziamento del debito a tassi e durata più favorevoli: spera di conservare la posizione, magari grazie alla rinegoziazione dei diritti tv e a qualche cessione già a gennaio. È indecifrabile il ruolo del dg cinese Li Han, supervisore per Yonghong Li: se la squadra va male, non decolla il marketing in Cina, già di per sé blando".