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  • Ex Genoa, Centurion: 'Amo armi e droghe'

    Ex Genoa, Centurion: 'Amo armi e droghe'

    • Marco Tripodi
    Che la vita di Ricardo Centurion non sia mai stata troppo tranquilla i tifosi del Genoa, che per due volte l'hanno visto transitare senza troppa fortuna dalle parti di Pegli, lo avevano imparato a capire.

    Tra foto che lo ritraevano con un fucili e pistole, bravate in auto, denunce per maltrattamenti da parte di vecchie fidanzate e serate dall'alto tasso alcolico, la carriera del talentuoso 25enne argentino è più ricca di episodi sconvenienti che non di vittorie. Un'avventura umana figlia del degrado in cui è cresciuto questo ragazzo restato organo giovanissimo in una delle zone più difficili e pericolose di tutta l'Argentina e raccontata in prima persona alla trasmissione Podemos Hablar trasmessa dall’emittente Telefe: “Mi piacciono le armi, ma non ho mai commesso un delitto - ha ammesso Centurion - Armato ho fatto anche delle foto, in un barrio di San Nicolas, prima di diventare professionista. Se fossi cresciuto con gli yacht, avrei fatto foto con gli yacht. Ma non ho avuto questa fortuna”.

    Se queste dichiarazioni tutto sommato non svelano nulla che già non si sapesse, come testimoniano le foto che lui stesso postò tempo fa sul proprio profilo Instagram, ben diverse sono le parole con cui ricorda gli anni del suo esordio nel grande calcio: “Ho provato droghe - ha rivelato il fantasista - Quando ho debuttato in Primera Division è capitato tutto insieme e ho cominciato a usare marijuana. Oggi ci sono controlli antidoping a sorpresa, se ti trovano positivo è una macchia che non riesci a toglierti. Ma prima facevano controlli una volta a settimana, ed era diverso".

    Un passato duro che si riverbera nel presente e che Centurion, nonostante i soldi e la fama, fatica a lasciarsi definitivamente alle spalle: "Ho avuto un’infanzia difficile, sono cresciuto in una città, vicino Avellaneda, dove oggi non posso tornare. Tutto questo per invidia, molta invidia. E la mia famiglia ne soffre. Ho perso mio padre che ero molto piccolo: lavorava in una fabbrica illegale di fuochi d’artificio, in nero. Non si sa come, ma un giorno è esplosa: erano sette impiegati e morirono tutti. Io avevo cinque anni e lì è cominciata una nuova vita. Se non lo vedo per foto, non mi ricordo di lui”.

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