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  • FALLO LATERALE: il calcio, la fortuna del presidente Ferrero

    FALLO LATERALE: il calcio, la fortuna del presidente Ferrero

    • Fernando Pernambuco
    E poi dicono che il calcio, in Italia, è un’  “attività ludica secondaria” o comunque un carrozzone da considerare con un certo sospetto. A parte il fatto di essere forse il solo settore nazionale in grado di smuovere le folle, di suscitare onde emotive incontenibili, il nostro povero e bistrattato calcio resta il più formidabile trampolino mediatico del presente. Altro che Renzi! Altro che Francesco! Non sono bastati 50 anni nel cinema, una ventina di produzioni cinematografiche, il fallimento di una compagnia aerea (fonte Wikipedia e Catlogo dei Viventi di G. Dell’Arti) di cui era presidente, la proprietà di decine di sale cinematografiche a procurargli non dico qualche articolo in sequenza, ma almeno un tallocino su un giornale capitolino. Certo, nell’ambiente Er Viperetta (Massimo Ferrero) lo conoscevano tutti e non per i successi. Poi è stata sufficiente una manciata di partite della “sua” Sampodoria per donargli quelle comparsate in televisione, che ne hanno fatto il “ Numero uno”, come recitano tanti post entusiasti non solo di tifosi doriani.

    Per Crozza, che lo imita, è un serio problema superare l’originale (un po’ come per Razzi). Basta poi una battuta ardita contro “er filippino” dell’ Inter per scatenare il delirio. Qui non conta tanto disquisire sul soggetto, quanto leggere il fenomeno nel contesto tragicomico delle maschere italiche  inserite, appunto, nella  potenza moltiplicatoria del calcio. Ferrero impersona ciò che realmente è, ma può urlarlo da una tribuna inarrestabile, anche se l’effetto si sprigiona dal contrasto tra ruoli e nature. Egli è il presidente- caciottaro popolano, il furbo villico (in verità la sua ricchezza proviene dai 6 caseifici della moglie), che paragona la “pizza” cinematografica al pecorino capace di ripianare le enormi perdite delle sue produzioni cinematografiche: “Me chiamano Mister Flop” dichiara orgoglioso. Ora tutta questa verace improntitudine del “fallito di successo” che “parla come magna”, sarebbe rimasta tra il Testaccio e il viterbese o tutt’al più in tribuna all’Olimpico a urlare “Forza lupi” e relativi “tempi cupi”. Ma il caciottismo romanesco in prima, seconda, terza serata, quella foresta di capelli, lo sguardo spiritato, l’urlo trattenuto, ne fanno una summa della commedia all’italiana che tracima nel bagaglinese e in qualcosa di più: lo stradisinvolto impunito.

    Intramontabile, atavico, furbo e “tutto core”. Al cinema un personaggio così tra il contadino de “I Mostri” (“Ma nun cure ‘sta macchina?”) e Er Monnezza, non avrebbero più il coraggio d’inventarlo e forse nemmeno lui di “produrlo”. Romanista sfegatato, aveva bisogno di un palcoscenico per esibire l’incontenibile verve, fino a oggi confinata tra il caglio del formaggio e il bar di Cinecittà. Che la scena fosse viola, azzurra, rossoblù poco importa. Presentatasi l’occasione Sampodoria, Ferrero ha preso quella. Mai contrappasso fu più efferato, pensando al fu aplomb dei Garrone. Un profilo Facebook a lui intestato esalta Garcia, la Roma, la Sampdoria; lo fotografa appeso (non è altissimo) a una maglia della Samp con slogan stercorari contro il Genoa. Mezzo secolo di mancata visibilità riversato in poche settimane in un Vajont mediatico. Tutto grazie allo spettacolo del calcio. Anzi all’avanspettacolo.
     

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