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  • Fiorentina, quei consigli di Montella inascoltati

    Fiorentina, quei consigli di Montella inascoltati

    • L.C.
    Eppure Montella aveva avvertito tutti lo scorso maggio. Non per mettere le mani avanti o per rispondere a chissà quali sirene di mercato, ma perché consapevole dei pregi e soprattutto dei limiti della propria squadra. «Sono necessari giocatori di prima fascia, altrimenti non si sale di livello, lo dico perché penso sia un mio dovere professionale farlo», così l’Aeroplanino era uscito allo scoperto, pur consapevole del fastidio che certe dichiarazioni avrebbero potuto provocare ai piani alti del club.
    Frasi che, ricorda il quotidiano Corriere fiorentino, per qualche settimana, avevano perfino messo in dubbio la sua permanenza a Firenze prima dell’opera di ricucitura portata avanti dallo stesso Andrea Della Valle e delle conseguenti rassicurazioni: nessun passo indietro nel progetto e obiettivi commisurati al valore della rosa a disposizione. Ma, soprattutto, la prospettiva di un mercato mirato a colmare quelle lacune che, per età o motivazioni, erano apparse evidenti già nella seconda parte dello scorso campionato quando dopo l’infortunio di Rossi la media punti della Fiorentina era scesa in modo preoccupante. Dalla necessità di un «forte centrocampista», refrain che ha accompagnato la Fiorentina fin dallo scorso gennaio, in grado di prendere il posto di un Pizarro impossibilitato a eguagliare il rendimento della prima stagione (il cileno anche questa estate è stato in dubbio se rinnovare o meno fino a metà luglio), ai terzini di spinta, fino a quell’attaccante di riserva che, con un giocatore come Rossi tutto da valutare, fosse in grado di assicurare gol ed esperienza. Esigenze, necessità di «giocatori risolutivi» come ha ribadito anche dopo la Lazio Montella, precise richieste che sono rimaste per la maggior parte solo sulla carta.
    Se in attacco la soluzione alla fine è stata trovata in casa con Babacar e Bernardeschi (anche se lo stesso Montella ha dovuto imporsi per far rimanere il senegalese), le strade del mercato degli altri reparti sono apparse decisamente più tortuose. Sette sono stati gli arrivi nella prima squadra per un totale di circa 10 milioni spesi (a cui vanno aggiunti i 15 per il riscatto di Cuadrado). Di questi, però, l’unico ad aver convinto è Jasmin Kurtic, che ha portato grinta, ambizione ma anche qualche limite tecnico emerso domenica contro la Lazio. Gli altri sei (Basanta, Badelj, Marin, Brillante, Richards e Tatarusanu) per scelte tecniche (la maggior parte) o per questioni fisiche sono rimasti quasi sempre a guardare. Ma non solo. Perché anche del mercato della scorsa stagione è rimasto poco o niente. Scorrendo la lista delle compravendite, fra scommesse mai decollate (come Anderson e Matri), altre finite in disparte come Joaquin, infortuni a ripetizione (Mario Gomez), e scarso rendimento i conti (salati) iniziano a non tornare. L’emblema, in questo senso, è naturalmente Ilicic e quei 9,5 milioni di euro che la Fiorentina ha versato nelle casse del Palermo (ma che dire dei 4,5 per Rebic?) e che adesso Montella si trova a gestire consapevole che metterlo ai margini significherebbe depauperare un patrimonio della società.
    Oltre quaranta milioni di euro insomma (senza contare l’operazione Cuadrado) sono usciti dalla cassaforte viola nelle ultime due stagioni per, di fatto, non modificare quella squadra che il primo anno della gestione Montella aveva fatto faville. E che ora continua a tirare avanti la Fiorentina. Con due anni e mezzo in più all’anagrafe e senza l’effetto sorpresa. Quello che Montella avrebbe sostituito volentieri con qualche certezza di «primo livello». Difficile davvero dargli torto.

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