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  • Fiorentina, Toni:| 'Sogno il gol-vittoria alla Juve'

    Fiorentina, Toni:| 'Sogno il gol-vittoria alla Juve'

    L'attaccante della Fiorentina parla di tutto, dalla tragedia in famiglia al ritorno al calcio.
    Toni: "Juve, sogno di farti un gol da tre punti".
    "Veniamo a vincere, sabato faremo felice Firenze: se vinciamo vengono all'aeroporto 20 mila tifosi viola".

    "Con Montella mi sono capito subito".
    "Jovetic? Fortissimo, ma dovrebbe cercare di giocare più avanti".
     

    Luca parla di Marta, sempre. Con dolcezza infinita. Marta con la quale presto andrà a vivere in una casa a un passo dal Ponte Vecchio, Marta e Firenze, Marta che poco tempo fa gli ha detto: «Vai, il calcio ti manca troppo, torna a giocare». Luca racconta di sè, anche quando il dolore si fa troppo acuto e gli spalanca gli occhi, anche quando il ricordo si fa una lama straziante: Marta che aveva portato dentro di sè quel bimbo che non è mai nato, Marta che gli ha insegnato tante cose, Marta che gli ha insegnato tutto. Luca Toni e i ricordi, belli, terribili e vivi nella memoria. Toni e il calcio, anzi Toni e il gol perché per Luca le due cose sono poi due facce della stessa medaglia.


    Luca, Firenze le è molto affezionata, per la sua professionalità, per i suoi gol ma anche per la sua storia e per quella della sua compagna Marta e di quel bimbo che non è nato. Come state adesso?
    «E’ stata una tragedia, non lo nascondo. Oggi sto bene, ma soprattutto sta bene Marta, la mia compagna. Ha reagito bene lei, ho reagito bene io. E’ stata un’esperienza drammatica, che però mi ha insegnato tanto, anzi tutto. Ho capito in questa situazione quanto sia importante la persona che ho accanto. Marta».

    E ora?
    «Ad avere un bimbo? Ci riproveremo, ancora...».

    Perché ha scelto di nuovo Firenze?
    «Dopo quello che ci era successo, con Marta, abbiamo deciso di staccare per un po’. Siamo andati in Sardegna, per trascorrere del tempo con le persone più care. E’ stato lì che le ho detto: “Marta, ho deciso di smettere di giocare a pallone”. Lei mi ha risposto semplicemente: “Ma se ti diverti ancora a giocare, come fai a smettere. E allora, vai a divertirti”. Aveva ragione lei».

    Da qui, la Fiorentina.
    «No. Sembrava che mi dovessi trasferire al Parma. Conosco il presidente, Ghirardi. Sarebbe stata una soluzione ideale, vicino a Modena, casa mia, casa mia e di Marta. Fino a quando non ho ricevuto la chiamata del mio procuratore. Mi chiamò e mi disse: “Luca, guarda che il passaggio di Berbatov alla Fiorentina sta saltando”. Io dissi pochissime parole, forse solo una: stringi. Io ci sono, io voglio tornare a Firenze. Era la sfida di cui avevo bisogno».

    Che ricordo ha di Montella giocatore?
    «Eh, ci ho giocato contro. Ci siamo capiti subito, fin dal primo colloquio».

    Intanto, si è presentato con una condizione fisica quasi perfetta.
    «Il calcio degli emiri non faceva per me. Ho lavorato tanto, mi sono mantenuto in forma correndo con un amico la sera e poi lavorando in un centro medico di Modena».

    Certo, quel gol dopo pochissimi secondi di gioco, contro il Catania, è stata proprio una bella fotografia.
    «Quello è stato un segno del destino. Qualcuno, dal cielo, ha voluto darmi una mano».

    Torniamo al calcio. Il colpo di testa è rimasto il suo forte. Ma come si fa a restare così tanto tempo in... paradiso saltando?
    «L’attaccante sa sempre dove finirà la palla. A volte più la prendi male, più fai gol, ma il segreto sta tutto nella testa. Quando uno sta bene di mente, quando si allena col sorriso e magari dà pure una mano ai giovani a crescere, può arrivare anche lassù. In paradiso».

    E’ un Toni in versione mental coach?
    «Semplicemente io credo che nello spogliatoio di un grande club ci debba essere qualcuno che conosce bene la realtà e che possa spiegare ai nuovi che cosa sia quella squadra. Come Buffon e, in passato, Del Piero a Torino. E’ stata la prima cosa che ho fatto appena tornato».

    Jovetic è davvero un top player?
    «Stevan non è un attaccante da venti gol a stagione. Gli piace partire più da dietro, non stare a ridosso dell’area. A volte, però, arretra troppo. Resta il fatto che è un grandissimo giocatore».

    Quanto ci metterà a convincere Della Valle a rinnovarle il contratto?
    «Spero... tre secondi. Lo porterò a cena fuori e magari gli faccio pure bene un bicchiere di vino in più (ride, ndr)».

    Balotelli e El Shaarawy sono i due attaccanti più forti del campionato, la coppia giusta per la Nazionale?
    «Balotelli è un fuoriclasse. Se impara a fare il giocatore e se lo fa in tempi rapidi potrà scrivere pagine importanti. Di El Shaarawy mi ha impressionato lo spirito di sacrificio che mette in campo ogni volta».

    Sabato intanto arriva la Juve.
    «Da piccolo tifavo bianconero, ma non appena sono passato al Modena ho subito cominciato a tifare per le squadre in cui giocavo. Cosa è successo a Torino? Alla seconda partita giocata, in Coppa, mi infortunai al collaterale. Del Neri mi chiese di stringere i denti. Poi arrivò Conte e fui costretto a fare la valigie».

    Rimpianti?
    «No. A Conte ho semplicemente detto che avrebbe potuto comunicarmelo prima. Ad inizio ritiro mi disse che rientravo nei progetti. Poi ha cambiato idea».

    Paura dell’ennesima zolla?
    «Ancora mi ricordo quel pallone che rimbalzò sulla zolla e finì sul palo. Stavolta spero che finisca dentro e che valga tre punti. Capace che portiamo ventimila persone all’areoporto a festeggiare».

    Chi è il giocatore che più teme della Juve?
    «Vucinic. Perché segna, magari non tantissimo, ma soprattutto fa segnare. E poi salta l’uomo come nessuno. E chi ha queste qualità può mettere in ginocchio chiunque».

    E’ una fortuna che manchi Chiellini?
    «Se avessi potuto togliere un difensore alla Juve, avrei levato Barzagli. E’ il più forte nel suo ruolo in Italia».

    La Fiorentina può battere la Juventus?
    «Sì. Perché possiamo entrare nella storia. Perché siamo forti. E perché ogni volta diamo fastidio a qualunque tipo di avversario. Ha ragione Montella: nessuno ci ha mai messo i piedi in testa. E poi anche perché all’andata li abbiamo messi sotto».

    Sorpreso da Klose e dalla sua Lazio?
    «No, anche perché Miro si è ben integrato in un gruppo che ha ben mescolato freschezza ed esperienza».

    La Roma, invece, non sta attraversando un buon momento.
    «Con l’allenatore giusto la Roma potrà fare cose grandissime. Ha preso giovani forti e da lì è giusto che riparta. Faccio due nomi, Pjanjic che ogni volta ci ha sempre messo in difficoltà e poi Destro. L’ho conosciuto a Genova, si vedeva che avrebbe fatto strada».
     


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