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  • Galli: 'Addio Milan, ma il tuo futuro porta la mia firma. Cristante e Verdi erano da aspettare, Aubameyang...'

    Galli: 'Addio Milan, ma il tuo futuro porta la mia firma. Cristante e Verdi erano da aspettare, Aubameyang...'

    Filippo Galli dice addio al Milan dopo 9 anni. Da responsabile del settore giovanile della società rossonera, sono cresciuti e arrivati in prima squadra Donnarumma e De Sciglio, Calabria e Cristante, Locatelli e Cutrone, giusto per citare qualche nome. Dal 1° luglio Galli lascerà l’incarico che ricopriva dall’estate del 2009 e al suo posto arriverà Mario Beretta. L’ex difensore del Milan ha così parlato alla Gazzetta dello Sport: “Dire addio al Milan è stata una mia scelta, come quando ho lasciato il calcio giocato, ma stavolta c’è molta più delusione, lo dico senza polemica ma non lo nascondo”.

    Deluso perché?
    “È una decisione che ho dovuto maturare mio malgrado: l’area tecnica del Milan mi aveva offerto di restare come n.1 del settore giovanile, e di questo li ringrazio. Ma avrei dovuto rinunciare ai miei collaboratori storici, Edoardo Zanoli, responsabile del coordinamento tecnico, e Domenico Gualtieri, capo dell’area atletica, e accettare il nuovo responsabile tecnico (Beretta, ndr) senza avere voci in capitolo. Sia chiaro, la società ha tutto il diritto di scegliere e cambiare, ma io non potevo andare avanti così: lo avrei vissuto come un ruolo “di facciata”. Credo molto nel nostro lavoro, che si basa sul metodo integrato”.

    Di cosa si tratta?
    “Un calciatore non è una somma delle parti (atletica, mentale, tecnica) ma un insieme di componenti miscelate in maniera indissolubile. Abbiamo lavorato partendo dal gioco e dal possesso palla come principi guida e cercando di creare il contesto ideale per fare crescere i giovani del Milan. Il talento, da solo, non basta: guardate Messi, quello che vediamo in nazionale è spesso diverso da quello che si esprime nel Barcellona. Il contesto influisce sul rendimento dei big, immaginate sui ragazzi che si stanno formando. Chi si affaccia alla prima squadra deve conoscere i principi di gioco, e nel nostro metodo ogni professionista dello staff, dai tecnici ai preparatori fino agli psicologi, deve dare il suo contributo per favorire la crescita”.

    È per questo che un ’98 come Cutrone ha scalato le gerarchie dell’attacco del Milan?
    “Sarei presuntuoso se pensassi che a incidere è solo il settore giovanile, il processo si completa con il lavoro dell’allenatore e di tutto il club. Però sì, Patrick è arrivato preparato”.

    Quali sono gli ex vivaio di cui va più fiero?
    “L’elenco è lungo... Di sicuro i 4 in prima squadra: Donnarumma, Calabria, Locatelli e Cutrone”.

    Le promesse scartate troppo presto?
    “Aubameyang era con me quando allenavo la Primavera, ma allora era più difficile entrare da subito tra i grandi. E poi Cristante (ceduto al Benfica nel 2014 per 6 milioni, ndr), andava aspettato”.

    Un giocatore che la impressionò da subito?
    “Gigio a parte, direi Verdi; lo vidi in un torneo in Spagna nel 2009 e chiamai Galliani: “Attenzione, questo scricciolo è un fenomeno””.

    Qualche anno dopo, il club alzò ancora di più l'attenzione sul settore giovanile.
    “Dal 2012 la società decise di non fare più scouting dagli Under 15 in su (lavoro ripreso dallo scorso anno, ndr): quella scelta ci ha agevolati. Si puntava e si lavorava su calciatori di 12-13 anni, fino a portarli in prima squadra”.

    Il vivaio del Milan sforna talenti ma vince poco nei campionati di categoria. Il risultato per lei è secondario?
    “Assolutamente no: la vittoria conta ma deve essere funzionale alla crescita, vale anche per le seconde squadre. Se ogni anno mando un giovane in prima squadra, io ho stravinto. Al Milan abbiamo lasciato il futuro pronto”.

    E il futuro di Filippo Galli dove sarà?
    “Non lo so ancora, ma vorrei proseguire con questo lavoro. Mi piacerebbe anche dare una mano alle aziende, offrire la mia esperienza per lavorare in team. Chissà, nell’attesa...".
     

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