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  • Genoa, ecco come gli ultrà minacciavano Preziosi e i calciatori

    Genoa, ecco come gli ultrà minacciavano Preziosi e i calciatori

    • Marco Tripodi
    Una registrazione telefonica con cui ricattare il presidente Enrico Preziosi. Sarebbe questa, secondo gli inquirenti, l’arma usata da 15 ultra del Genoa per ottenere soldi e favori dalla società rossoblù.
     
    L’indagine aperta ad inizio mese dalla Procura di Genova che ha portato all’arresto di otto capi della tifoseria organizzata del Grifone e all’iscrizione nel registro degli indagati di altri sette loro colleghi avrebbe individuato la creazione di una vera e propria associazione a delinquere finalizzata all’estorsione nei confronti di Preziosi e dei suoi più stretti collaboratori. Minacciando l’imprenditore irpino di diffondere gli audio di alcune sue telefonate in cui si parlerebbe di partite combinate, i capi ultrà avrebbero ottenuto dal club tramite fatturazioni fittizie oltre 300 mila euro dal 2010 in poi. Cifra accumulata anche grazie alla promessa della cosiddetta pace del tifo, un impegno con cui alcune sigle della tifoseria organizzata avrebbero evitato contestazioni e proteste dentro e fuori dallo stadio.
     
    Secondo quanto riportato dal portale Genova24.it, tra le accuse agli indagati ci sarebbe anche quella di violenza privata nei confronti della società per aver costretto il Genoa dopo la sconfitta al derby dell’11 marzo 2017 ad anticipare il ritiro in vista della successiva partita. In una telefonata con un suo sodale, intercettata dalla Digos, uno dei capi della rivolta si sarebbe espresso così nei confronti dei calciatori rossoblù: “Devono andare in ritiro sennò mercoledì invadiamo il Pio in mille ma non a parlare, a sto giro dargli delle manate a tutti. Sarebbe solo da far alzare il culo dal letto a questi 22 sacchi di merda alle 5 di mattina. Non voglio feriti né denunciati né niente, voglio solo che questi sacchi di merda imparino come si sta al mondo”. 
     

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