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  • Giocare o no? Lotta senza esclusione di colpi, ecco le fazioni. Ma ripartire è un obbligo: non può fermarsi solo il calcio italiano
Giocare o no? Lotta senza esclusione di colpi, ecco le fazioni. Ma ripartire è un obbligo: non può fermarsi solo il calcio italiano

Giocare o no? Lotta senza esclusione di colpi, ecco le fazioni. Ma ripartire è un obbligo: non può fermarsi solo il calcio italiano

  • Stefano Agresti
    Stefano Agresti
Lo scontro sta diventando incandescente, senza esclusione di colpi: da una parte chi vuole che il calcio non riparta, dall’altro coloro i quali sono invece convinti che si debba riprendere a giocare. Le argomentazioni le conosciamo: sono economiche, mediche, egoistiche. Se non si ricomincia, il calcio ci rimette 5-600 milioni di euro in più (da 150-170 ad almeno 700); se si torna in campo, ci sono ovviamente più rischi sul piano sanitario. Nessuna delle due fazioni ha insomma torto in modo completo, e da entrambe le parti ci sono interessi personali e beghe di classifica che diventano a volte molto tristi.

CONTRO IL CALCIO - Ci sono quasi tutti i presidenti che rischiano di retrocedere, da Cellino a Ferrero, da Preziosi a Cairo fino a Pozzo. Ma non hanno un peso determinante. Conta di più l’opposizione di Malagò, che continua a considerare il calcio come un qualsiasi altro sport anche se ha una dimensione infinitamente diversa sul piano economico e che si tira dietro il ministro Spadafora. Alla fine l’elemento più rilevante di questo schieramento può diventare il Comitato tecnico scientifico, di cui fa parte Giovanni Rezza, il professore che incautamente si è dichiarato tifoso della Roma (e quindi per la cancellazione della stagione, nel timore che lo scudetto vada alla Lazio): ha di sicuro valide motivazioni mediche da mettere sul tavolo per sostenere questa tesi.

PER IL CALCIO - Il presidente più esposto è sicuramente il laziale Lotito, che però ha compagni influenti: De Laurentiis e il Napoli, la Roma, adesso anche la Juve di Agnelli, il quale in quanto presidente dell’Eca non può sostenere in Italia una linea contraria rispetto a quella che segue a livello internazionale. Anche questi presidenti, però, non saranno decisivi. Vale molto, invece, la volontà del numero uno federale Gravina, che sposa quanto indicato dalla Uefa anche per timore di una serie di cause che potrebbe bloccare il calcio nei prossimi mesi.

E ADESSO? - Oggi è in programma la riunione della Commissione tecnico-scientifica per la ripresa del calcio. Castellacci, che è presidente dell’Associazione italiana medici del calcio, è scettico: “Difficile prevedere che si possa giocare il 30 maggio”. Ma la Federazione dei medici sportivi, guidata da Casasco, ha già dettato le sue linee guida per la ripresa degli allenamenti: indicazioni apprezzate ovunque.

LA DECISIONE - Alla fine sarà determinante la posizione del governo e dunque di Conte. Ma la sensazione è che non si possa fare a meno di portare a termine la stagione del calcio, o almeno di provarci. Anche perché ormai tantissimi spingono per ripartire (alcuni settori della nostra economia potrebbero muoversi già la prossima settimana, ad esempio la moda) e perché il calcio europeo si sta organizzando per rimettersi in moto (in Germania il campionato potrebbe ricominciare addirittura il 9 maggio). In condizioni di sicurezza, ovvio. E allora come si giustificherebbe uno stop definitivo al calcio italiano mentre tutto ricomincia?

@steagresti
 

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