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  • Gravina: 'La Superlega ha una logica perversa, risposta sbagliata a un problema che esiste'

    Gravina: 'La Superlega ha una logica perversa, risposta sbagliata a un problema che esiste'

    La Superlega, le proprietà straniere e la riforma del calcio in Italia. Tanti i temi toccati dal presidente della Figc Gabriele Gravina, intervenuto al webinar "Il futuro del calcio italiano e le sfide manageriali che lo attendono" organizzato dall'Università Bocconi di Milano. Il numero uno federale è partito proprio dalla vicenda Superlega: "Sono molto fiducioso riguardante la decisione della Corte UE sulla Superlega, ma su questo tema la posizione della FIGC è stata chiara sin dall’inizio: noi riteniamo che la Superlega, o ciò che oggi è diventata, è sicuramente una risposta sbagliata ad un problema che c’è ed è concreto, che riguarda la sostenibilità del business calcistico ad alti livelli", riporta Calcio e Finanza.

    "È sbagliata perché affronta il tema della competitività solo dal punto di vista dei ricavi. In sostanza è una logica perversa, facciamo la torta più grande e poi la dividiamo. Non è questo il mondo di affrontare il tema della sostenibilità a livello internazionale. È vero che bisogna puntare ad aumentare i ricavi ma non dobbiamo mai perdere di vista la politica del contenimento dei costi. Lo ribadisco, diciamo no alla Superlega anche perché mortificherebbe i nostri campionati nazionali, ma sì a una modalità di miglioramento di una competizione internazionale mettendo però sotto i controllo i costi senza pensare soltanto ad incrementare i ricavi".

    PROPRIETA' STRANIERE - "Le proprietà straniere, per il calcio italiano, rappresentano un importante valore aggiunto, sia in termini imprenditoriali, perché portano capitali e apportano nuove idee, ma soprattutto perché, in termini manageriali danno un contributo significativo.

    In Europa ci sono 62 club professionistici di proprietà americana ed è un fenomeno che cresce costantemente. Due terzi di questi sono entrate nel calcio italiano solamente negli ultimi 3 anni. Questo non ci deve spaventare, è una novità importante per chi gestisce le società calcistiche. Chi conosce il calcio, però, sa perfettamente che non si può distaccare dal territorio di origine perché tutte le realtà sono legate a quello dal tifo. Le emozioni non appartengono alle proprietà e non cambiano con loro".

    LEGA SERIE A - "Negli ultimi 20 anni il nostro campionato ha perso la gran parte del suo appeal. Dobbiamo avere tutti una visione più ampia e internazionale. Pensare e mettere in pratica un serio piano industriale con al centro la valorizzazione del brand e anticipare i bisogni dei tifosi del calcio nel futuro. La situazione del valore dei nostri diritti TV ci preoccupa molto, visto che la Serie A è la locomotiva del nostro movimento anche perché genera attraverso la mutualità. Se dovessero scendere in maniera importante si registrerebbe un danno irreparabile per tutto il settore calcistico italiano".

    ESTENSIONE DA 3 A 5 ANNI DEL BANDO PER I DIRITTI TV PREVISTO DALLA LEGGE MELANDRI - "È sicuramente un’ottima cosa, ma non serve a nulla senza un progetto credibile per farlo diventare appetibile. Al centro deve esserci anche la sostenibilità, bisognerà mettere in equilibrio il rapporto tra fatturato e costo del lavoro che è troppo sproporzionato in tutta Europa e in Italia tocca il 90%. Anche in Premier, dal 1992 a oggi, ci sono stati 64 club in amministrazione controllata. Questa situazione non può essere sanata dalla continua ricerca di denaro se questa non viene affiancata da un’adeguata politica di contenimento dei costi. Di questo si sono accorti anche in Inghilterra, dove la Premier è il campionato con gli introiti più alti del mondo".

    RIFORMA DEL CALCIO IN ITALIA - "Il sistema ha bisogno di una riforma complessiva. È evidente che per parlare di competitività, sostenibilità e interesse, serva introdurre tra le varie leghe il concetto di filiera produttiva. Come avviene in altri paesi dovremo cominciare a creare un rapporti di massima collaborazione. Da qualche mese continuo a parlare di riforme ma c’è un blocco nelle nostre norme, ovverosia il diritto di intesa che è un diritto di veto mascherato. Dobbiamo andare in assemblea e modificare la norma: è anacronistico che se il 3% non vuole può dire che il calcio italiano non si cambia. L’idea di poter fare il ragioniere sul numero di squadre pensando di esaurire il percorso di riforme solo diminuendo le squadre è una idea che non mi affascina. Serve un progetto condiviso di riforma generale, che preveda anche magari un differente status, magari introducendo quel concetto a me caro di semi-professionismo".

    NUOVA CHAMPIONS - "Genererà sicuramente effetti positivi a una sola condizione: che la FIGC e tutte le componenti si sentano maggiormente responsabilizzate nell’accogliere questo nuovo format. È evidente che richiede una idea nuova nell’organizzazione dei format domestici nazionali. Dobbiamo consentire a queste squadre non solo di non mortificare la competizione domestica ma anche a tutelare la salute dei protagonisti in campo, i calciatori".

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