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  • Grazie, Umberto Veronesi: ci hai regalato la speranza

    Grazie, Umberto Veronesi: ci hai regalato la speranza

    • Marco Bernardini
    Diceva: “La medicina non è una scienza senza colore”. Intendeva affermare che, troppo spesso, coloro i quali dovrebbero essere le sentinelle del nostro bene più prezioso e cioè la salute dimenticano essere lo scudo della la prima e imprescindibile regola sulla quale si fonda la loro deontologia professionale.

    La medicina è l’avventura più sensazionale e fantastica che l’uomo può frequentare per passione e per missione. La medicina deve essere ricerca e umanità allo stesso tempo. La medicina è l’àncora che permette a tutti noi di non lasciarci andare alla deriva verso le sponde estreme della nostra esistenza. La medicina non è una bandiera bianca simbolo di resa a fronte dell’ineluttabile o del non ancora comprensibile. La medicina, dunque, ha i colori dell’arcobaleno e della speranza. A prescindere.

    Ribadendo la colonna portante di tutta la sua filosofia laica e progressista, salutiamo e diciamo grazie a Umberto Veronesi il professore campione di giostra tragica e quotidiana chiamata cancro che ci ha lasciati orfani, poche ore fa, di una mente rara e di una volontà di ferro al servizio dell’umanità. Un medico che era anche un artista e un mancato artista che si fece medico malgrado le normali e sfacciate barriere di casta. Era difficile, un tempo, poter studiare e laurearsi se si apparteneva alla classe sociale operaia. Umberto Veronesi era nato e cresciuto in una casa di gente umile e onesta tra le nebbie della campagna pavese. L’amore per il prossimo, strada facendo, ne fece quell’uomo della speranza che tutti abbiano conosciuto e apprezzato.

    Medico, certamente, ma anche filosofo e soprattutto ricercatore instancabile. Intellettualmente libero al punto di chiamarsi fuori dalla politica senatoriale non appena compreso il rischio della strumentalizzazione. Eroico assertore delle libertà individuali con in testa a tutte quella del diritto di ciascuno nel poter decidere se e quando andarsene con dignità. Soprattutto lottatore dal cuore impavido e dalla  mente sgombra da pregiudizi in grado di farci sopravvivere e di farci continuare a vivere e lottare anche quando la Bestia sembra non volerci più dare speranza.

    Giù il cappello, dunque, per un uomo inviatoci dal destino misericordioso che in ogni caso non sarà mai morto.

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