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  • Ha ragione Ventura: l’Italia di Sacchi era un pianto, lo salvò Baggio

    Ha ragione Ventura: l’Italia di Sacchi era un pianto, lo salvò Baggio

    • Stefano Agresti

    Quando si parla di Sacchi, in questi suoi anni di giudizi spesso esagerati e fuori luogo, bisogna premettere che siamo di fronte a un allenatore che ha fatto la storia. Inutile star qui a ricordare come abbia cambiato la testa al nostro calcio e come abbia incantato il mondo: lo sappiamo e non lo dimenticheremo mai. Ciò però non lo autorizza a pretendere che tutti giochino come quel Milan, il suo Milan. Anche perché neppure lui è riuscito a riproporre lo stesso calcio altrove. Tanto meno in Nazionale.

    Sacchi, sulla Gazzetta dello Sport, ha aspramente criticato l’Italia che ha battuto l’Albania. In effetti non è stata un’esibizione straordinaria, però ha portato la vittoria. Arrigo pretendeva che gli azzurri fossero anche spettacolari e noi tutti lo speravamo, ma non è mai scontato regalare partite da sogno, soprattutto in contesti complicati: avversario chiuso e fastidioso, pochi giorni di ritiro in mezzo a partite decisive per i club, livello tecnico in crescita però non ancora eccelso del gruppo azzurro. Insomma, si è fatto quello che si è potuto: non benissimo, ma nemmeno male.

    Ventura, indispettito come mai lo avevamo visto, ha detto che Sacchi non ha memoria: ha ragione. L’Italia di Arrigo è stata spesso una delusione atroce, non solo nelle partite dei Mondiali del ’94 che ha citato l’attuale ct. Lo è stata perché il gruppo che Arrigo aveva a disposizione era fantastico: la base del Milan che dominava il mondo (Maldini, Baresi, Tassotti, Costacurta, Donadoni, Albertini), più uno dei più grandi campioni della nostra storia (Roberto Baggio), più un altro bel gruppo di attaccanti all’epoca tra i migliori al mondo (Signori, Zola, Vialli, Mancini) che in in parte venivano lasciati a casa per questioni più caratteriali che tecniche. Ma l’Italia di Sacchi sul piano del gioco è stata un fallimento anche per altri due motivi: Arrigo era diventato ct per dimostrare che pure una nazionale può mostrare un grande calcio, senza speculare; nessuno ha mai avuto il tempo e i privilegi che aveva concesso il presidente federale Matarrese a lui per lavorare sul gruppo azzurro.

    L’Italia di Sacchi è stata bella pochissime volte in cinque anni: ricordiamo una grande vittoria in Olanda (2-3, gol decisivo di Vialli prima di essere ripudiato), un debutto super all’Europeo del ’96 (2-1 alla Russia ma eliminazione in quello stesso girone) e poco altro. I Mondiali del ’94, che Sacchi sfiorò, furono l’esaltazione del singolo in confronto alla squadra: fu Baggio a prendere per mano gli azzurri - bruttissimi per quasi tutto il percorso, a parte le gare con Spagna e Bulgaria - e a condurli in finale. Il talento che salva il collettivo, già: esattamente il contrario di quanto annunciato da Arrigo all’epoca e di quanto pretende oggi da tutti gli allenatori e da tutte le squadre. Anche dall’Italia di Ventura, decisamente più scarsa della sua.

    @steagresti



     


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