Higuain, la pupa e Angelillo: storie di gol
Lo sbarco collettivo da un aereo in arrivo da Baires avviene nel 1957. I tre ninos de la Pampa si insediano al loro posti e ci mettono niente a diventare i re. Sivori a Torino, con la Juventus. Maschio nel Bologna. Angelillo a Milano con maglia dell’Inter. Valanghe di gol che scardinano i cuori dei tifosi e prodezze balistiche assortite che sbattono i nostri eroi puntualmente in prima pagina. Il primo anno è sicuramente Angelillo il più gettonato. Centravanti atipico per l’epoca si va vedere anche in difesa a centrocampo per poi andare a rete. Scrive Brera: “Se gioca sempre così rischia di scoppiare”. Non scoppierà e l’anno successivo stabilirà il record della marcature che regge ancora adesso. Il destino, beffardo, lo attende dietro l’angolo incarnato nella figura bizzarra di un uomo che parla uno spagnolo strano, non dice la sua vera età e sembra un ballerino di tango. Invece fa l’allenatore. Angelo Moratti gli ha affidato l’Inter. Si chiama Helenio Herrera, ribattezzato HH come una doppia bomba atomica oppure il Mago come Merlino. Pensate, ora, per un attimo a Josè Mourinho. Ebbene il portoghese altri non è che la reincarnazione di don Helenio in cifra contemporanea. Stesso “ego” esagerato, medesima inclinazione per la “scena”, identico narcisismo, uguale potenza di penetrazione mediatica insieme ovviamente a indiscutibili doti professionali.Tutti e due, Mou e HH, sostenuto dalla medesima filosofia del Marchese del Grillo “Io sono io e voi non siete un cazzo”. Nessuno può esserci a fare ombra. Neppure un campione come Antonio Valentin Angelillo che il Mago proprio non ce la fa a reggere. In campo non può dirgli nulla. Fuori il campione è un perseguitato e anche diffamato. Giovane, bello e impomatato con la brillantina Linetti l’argentino è anche il re delle botti milanesi. Badate, nulla a che vedere con quelle “bianche” dei Vieri, Ronaldo e compagnia assortita.
L’Hollywood non c’era. Ma c’era il night dove cantava una femmina da copertina, Ilya Lopez, che nulla aveva da spartire con le nostre “veline”. Un amore travolgente tra la soubrette e il campione che, ogni settimana, finivano in sulla copertina di Grand Hotel e di Oggi. Helenio, che nel privato ne combinava di tutti i colori ma con astuzia, convinse Moratti a sbarazzarsi di quel “don giovanni” da tabarin. Angelillo migrò a Roma, segnò un gol ogni tre partite, per la gioia e la fortuna dei giallorossi, dove la gente era abituata al tratran di Via Veneto giorno e notte. Aveva vinto HH, ma aveva perso l’Inter. Il destino è bizzarro, però. L’anno dopo alla Juventus sbarcò un allenatore spagnolo come il Mago. Si chiamava Herrera, pure lui, e di nome faceva Heriberto. Divenne subito HH2 e, come una doppia bomba atomica, esplose in faccia a Omar Sivori il quale con la morte nel cuore (suo e in quello dei tifosi) dovette lasciare Torino per migrare a Napoli. Proprio nella squadra dove oggi Higuain sta dando la caccia a uno dei tre angeli con la faccia sporca. Amen.