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  • I Bonucci contro l'ipocrisia del calcio

    I Bonucci contro l'ipocrisia del calcio

    • Luca Borioni
    La storia è nota: Leonardo Bonucci, pilastro difensivo della Juventus campione per la sesta volta di fila, è un giocatore “social”. Non solo lui ma anche la sua famiglia. Quest’anno abbiamo condiviso attraverso i suoi post le sue sofferenze di padre per le cure mediche a cui è stato sottoposto durante l’anno il piccolo Matteo, fortunatamente a lieto fine. Ma abbiamo anche appreso, sorridendo, della fede granata del figlio più grande, Lorenzo. Quando allo stadio Grande Torino si è giocata la sfida tra la quadra di Mihajlovic e la Sampdoria, in tribuna era presente anche Bonucci, spettatore davvero speciale con al fianco appunto Lorenzo, fan di Belotti, sorridente in maglia granata. Quel sorriso che invece, ieri, proprio Lorenzo ha sostituito con il broncio e qualche lacrima quando, assieme a Matteo e al papà, ha dovuto sfilare sul terreno dello Stadium in maglia questa volta bianconera (quella di Pjanic) salendo sul podio delle celebrazioni per l’ennesimo scudetto juventino.

    Tutto questo, oltre che essere “social”, è prima di tutto bellissimo.

    A prescindere dalle convinzioni, dalle passioni e dalle fedi, è bellissimo vedere che un giocatore simbolo della Juventus – capace di esporsi senza timori alla vetrina dei social, che sappiamo essere spesso una spietata macchina da inquisizione – sia in grado di cogliere e proporre senza filtri gli aspetti più spontanei della sua dimensione di campione multimediale. Che sappia cioè gestire serenamente il riverbero mediatico delle sua azioni, senza perdere in autenticità, anzi risultando così assai più credibile. Dalla passione granata del figlio più grande (sempre che le lacrime siano state dettate dal disagio di tifo e non da altre banali questioni private che non possiamo conoscere) alla vicenda delicata del figlio più piccolo, comprese anche le licenze fotografiche, su Instagram, della moglie Martina: la famiglia Bonucci ha la forza di chi non ha nulla da nascondere.

    Il calcio è un gioco fantastico che esprime valori universali. La sovrastruttura spesso può offuscarne i principi, ma il segreto dello sport più amato al mondo sta nel fatto che rappresenta una metafora della vita. E sono pochi, nel mondo del calcio, quelli sanno svincolarsi dalle regole non scritte del conformismo e dell’ipocrisia.

    Il centrale bianconero è un campione del ruolo che interpreta le partite da appassionato, nello specifico, di Juventus. Non ne ha mai fatto un mistero, lui cresciuto calcisticamente a casa Inter. È il leader di una difesa che sempre più spesso viene giudicata come “la più forte del mondo”. Si è conquistato questa fama sconfiggendo, in sei anni di trionfi e fatiche, diffidenze e preconcetti diffusi (arrivava dal Bari e doveva essere quello meno talentuoso rispetto a Ranocchia). Guardiola lo ha eletto a giocatore al top nel mondo. Un traguardo che Bonucci ha raggiunto con uno stile agonistico a volte male interpretato, se non vessato, attaccato, censurato. Dal gesto dello “sciacquare la bocca” dopo i gol agli incontri ravvicinati con gli arbitri (come se fosse l’unico).

    Ma Bonucci è anche un padre di famiglia che pur dall’alto di una condizione privilegiata, ha fatto i conti con la malattia del figlio, non ha mai nascosto timori e inquietudini, così come recentemente non ha avuto dubbi nel varcare i cancelli dello stadio dei rivali granata per la felicità del figlio tifoso della “controparte”, tra l’altro alla viglia di un derby, riuscendo a far passare il tutto come un normale risvolto di vita. Come è giusto che sia, ma come non pare scontato. In quanti al suo posto avrebbero avuto la stessa disinvolta consapevolezza?

    E se il piccolo Lorenzo deve poi presenziare alla festa scudetto dell’altra squadra, quella in cui gioca papà, dovendo indossare la maglia a strisce bianconere con il nome di Pjanic, il suo broncio non ispira altro che tenerezza, fa sorridere, è quanto di più autentico e sportivo possa assistere. È uno spot contro la stupidità. Le passioni nel calcio devono avere spazio a tutti i livelli (alla faccia dei doveri di cerimonia o di marketing), purché si sappia viverle spontaneamente e con naturalezza.

    Una grande lezione, quella di Lorenzo, che poi è la stessa di papà Leonardo e dei Bonucci. Contro gli schemi ipocriti e già scritti. Un segnale positivo cha non a caso arriva dalla squadra che negli ultimi giorni ha festeggiato in sequenza un’altra Coppa Italia e un altro scudetto, in attesa di confrontarsi con il sogno più grande. I successi si ottengono sempre grazie a grandi valori. E questa squadra, ricostruita dieci anni fa dalla dirigenza sulle macerie di calciopoli, riesce a mostrarsi più integra e forte delle malelingue e degli invidiosi. C’è anche questo ingrediente nella leggenda dei 6 scudetti.

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