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    La Juventus che crolla all'ultimo non sorprende nessuno: i cambi, i 23 punti persi e poco carisma

    La Juventus che crolla all'ultimo non sorprende nessuno: i cambi, i 23 punti persi e poco carisma

    • Cristiano Corbo
    L'esercizio più complicato è anche quello inevitabile: chiedersi il "perché". Perché la Juventus non è riuscita a portare a casa la partita? Perché su quella palla smorzata da Di Gregorio sia arrivato Vecino? E perché nel finale? E perché Kalulu a rovinare un grande inizio di ripresa? A volte, risposte concrete, non ce ne sono. Altre volte invece sì. Sono proprio lì, e sono da raccogliere dopo tempeste d'indizi durante tutto l'anno, anno in cui si è formalmente appreso quanto questo gruppo sia neve al sole. Si scioglie all'imprevisto, se non sa tenersi a temperatura. 

    ECCEZIONE - Eppure, all'Olimpico, stava per accadere esattamente l'opposto. L'espulsione del difensore francese era stata una doccia così ghiacciata da svegliare tutti dal torpore. Aveva vinto l'insicurezza, la Juventus. Aveva serrato le fila, reagito allo shock, agendo esattamente come aveva previsto Tudor: schiacciandosi in difesa ma attenta a non far passare nulla, o almeno il minimo indispensabile. Quaranta minuti così, di batti e ribatti, di cross dal fondo e svettate di testa, di interventi al limite di Veiga e Locatelli, di luce in fondo al tunnel che aveva l'effetto della primavera dopo troppo inverno. Lo senti nell'aria, è brezza. Ed è spesso un'illusione. 

    IL DATO - Illusione a cui tutti gli juventini si sono abituati presto, perché da infelice eccezione si è fatto leitmotiv di un'annata intera. E proprio per questo, di risposte, ce ne sono praticamente in serie. Partiamo da un dato: sono diventati 23, i punti persi da situazione di vantaggio. Erano 21 alla vigilia e si sommano i 2 smarriti sul guizzo di Vecino. Un'enormità. La Juve è terza in questa speciale classifica e non è che le prime due siano esattamente le migliori della classe. Anzi: è il numero più emblematico e forse più decisivo, quello che marca la differenza tra una grande squadra e un'altra che vuole diventarlo. Che non lo è stata mai. 

    COSA MANCA - Del resto, alla Juventus manca quasi tutto per essere una top. Il carisma di imporsi - e non "carattere", perché quello c'è nelle difficoltà -, la testa alta di chi viaggia sulle proprie sicurezze, la forza di chi sa nascondere le proprie fragilità, perché poi ogni squadra ne ha una. Manca tanto dal punto di vista mentale e altrettanto dal punto di vista tecnico: ancora una volta, complice sicuramente l'inferiorità numerica, la formazione bianconera ha gettato via un tempo, scuotendosi all'inizio della ripresa. Ma non è mai stata bella, non con continuità, non con un'idea precisa lì davanti o in qualche modo avvolgente. Emozioni? Zero. 

    I CAMBI - A dare forse ancor più confusione sono arrivati i cambi di Tudor, pur comprensibilissimi, in particolare gli ingressi di Gatti e Vlahovic per i già subentrati Adzic e Conceiçao. Semplicemente, il croato ha lanciato giocatori di tigna, esperienza e - soprattutto - centimetri. Gatti gli ha dato ragione, Vlahovic è entrato giocando e non tenendo palla, che sarebbe stato estremamente più utile. Tant'è: è solo l'ennesima incomprensione di un'esperienza che non sembra fatta d'altro. E non è per quel sombrero tentato dal serbo che la Juve ha pareggiato, ma per tutte queste mancanze collettive, sommate e distruttive. Guardando lo sforzo, è un'ingiustizia bella e buona. Guardandosi alle spalle, è totalmente in linea con una stagione da montagne russe. Di nuovo.

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