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  • I Mondiali del marketing fra luci e ombre: il re Neymar, il potere americano e la guerra della birra

    I Mondiali del marketing fra luci e ombre: il re Neymar, il potere americano e la guerra della birra

    • Marcel Vulpis
      Marcel Vulpis
    Mancano pochi giorni alla fine di un Mondiale “faraonico” per gli investimenti effettuati (il business globale è pari a 4,53 miliardi di euro) e per la presenza, sempre più invadente, per certi versi, degli sponsor (1,28 miliardi il peso di questa voce di entrate), anche se la fetta più importante dei ricavi è da cercare, ancora una volta, nell’area dei diritti tv (2,56 miliardi). 
    La visibilità dei marchi è uno dei punti di forza del “prodotto” Mondiale, venduto a peso d’oro (anche perché è l’evento più seguito in ogni angolo del pianeta) dalla FIFA. In questa 22a edizione, che terminerà il prossimo 18 dicembre, è forte la presenza degli sponsor americani (Visa, McDonald’s, Budweiser, Algorand e Coca-Cola), confermando, di fatto, l’interesse degli Stati Uniti per il mercato del Medio Oriente. Sono in crescita, rispetto alle precedenti rassegne, però, anche quelli cinesi (Vivo, Hisense, Mengniu e Wanda group). Guidano poi la classifica, come da tradizione, gli sponsor “locali”. In totale sei realtà partner (The Look Company, Qatar airways, Qatar energy, QNB, Ooredoo e Gulf Warehousing company). 
     
    NIKE GUIDA LA CLASSIFICA DEI MARCHI D'ABBIGLIAMENTO - Nei quarti di finale il popolare “swoosh” può contare su 6 team nazionali (Brasile, Croazia, Francia, Inghilterra, Olanda e Portogallo), seguito da Adidas (Argentina) e Puma (Marocco). Una sfida a tre, ma le percentuali di una finale tutta a marchio USA sono in forte crescita. Adidas si consolerà, nel peggiore dei casi, con il pallone ufficiale, con le divise degli arbitri, degli assistenti, delle mascotte che accompagnano gli atleti in campo e dei tanti volontari. E’ infatti uno dei 7 partner globali della FIFA, assieme a Hyundai/Kia, Wanda, Coca-Cola, Visa, Qatar airways e Qatar Energy. 

    'NEY' VINCE LA SFIDA COMMERCIALE CON CR7 - Sempre sul fronte sponsor (ma a livello individuale) il “re” di questa rassegna in terra araba è Neymar Jr. Ben 25 aziende si sono legate all’immagine del campione verdeoro, puntando sulla sua presenza in Qatar. Tra queste anche tre qatariote, partner dell’evento: Qatar airways (trasporto aereo), QNB (banca) e Ooredoo (tlc). Un boom di contratti superiori anche a quelli del “rivale” Cristiano Ronaldo: in totale 16 marchi (Nike, Clear, Binance, Jacob & Co., Herbalife, Pestana CR7 hotels, Insparya, ZujuGP, Altice, CR7 Fitness by Crunch, Freefire, Therabody, Lifescore, UFL, Domum Septem e MTG).  

    BUDWEISER RESTA MA CHIEDE IL TAGLIO DELLA SPONSORIZZAZIONE - Qualche nube si è addensata anche su questa edizione del Mondiale. Proprio ad inizio evento è arrivato, come un fulmine a ciel sereno, il divieto di vendita di alcol delle autorità qatariote (a causa delle severe leggi islamiche sul consumo di bevande alcoliche in pubblico) negli otto stadi sedi di gara. Una vera e propria mazzata per Budweiser, tra i top sponsor storici dell’evento, che faceva conto proprio sulle vendite del prodotto-bandiera (la birra) per generare marginalità importanti nel mese di gare. L’azienda a stelle e strisce ha subito contestato il contratto di sponsorship (75 milioni di euro annui) e adesso chiede, in vista della rassegna iridata 2026 (verrà organizzata da Stati Uniti-Canada e Messico), una sostanziale riduzione del costo del nuovo ciclo di partenariato (valorizzato, dai media internazionali, in non meno di 50 milioni). 

    Un ulteriore problema, in termini di immagine, è stata la contestazione, da parte di molti sponsor (soprattutto delle nazionali iscritte al torneo), delle norme anti-LGBT presenti da tempo in Qatar. 
    Gianni Infantino, n.1 della FIFA, nella conferenza stampa di apertura del Mondiale, ha giocato la carta della sorpresa anticipando le domande dei media con un intervento proprio sul tema della tutela dei diritti umani, ma è chiaro che, nel futuro, bisognerà fare, molto, ma molto di più. 
    Il calcio può diventare un volano eccezionale per sensibilizzare i governi stranieri, che, in alcune aree tematiche (come appunto quella della tutela degli human rights), devono avvicinarsi, in tempi rapidi, a quanto già avviene, ad esempio in Europa, dove vi sono democrazie molto più mature, ma soprattutto attente alla difesa dei diritti in ogni ambito di applicazione. 

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