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  • I soliti errori, le solite giustificazioni: la comunicazione di Inzaghi non è da Inter

    I soliti errori, le solite giustificazioni: la comunicazione di Inzaghi non è da Inter

    • Andrea Distaso
    Il calcio non sfugge praticamente mai a certe regole non scritte ma che puntualmente si avverano. Per esempio, quella secondo cui una squadra è in campo lo specchio del suo allenatore e del suo modo di essere. E l'Inter di oggi, sconfitta di nuovo in uno scontro con una diretta concorrente e ritrovatasi a novembre già a -11 dalla vetta della classifica, è il ritratto fedele di Simone Inzaghi. Di quello che fa e di quello che dice. E spesso e volentieri le analisi post-partita dell'allenatore nerazzurro lasciano a desiderare sul piano dei contenuti: ponendo sistematicamente l'accento sugli episodi e tendendo ad imputare i motivi delle sconfitte a questo unico aspetto. Lo ha rifatto anche ieri dopo il pesante ko sul campo della Juventus, aggiungendo poi altre dichiarazioni che iniziano ad alimentare i dubbi su una comunicazione non all'altezza del compito ricevuto.

    IL SOLITO COPIONE - "Fa male, il calcio è così, l'anno scorso l'abbiamo vinta che non meritavamo e stavolta non meritavamo di perdere. Questi match non possiamo sbagliarli e non siamo bravi a portare gli episodi dalla nostra parte". E ancora: "I due gol li prendiamo su ripartenze. Abbiamo lavorato 4 giorni su queste situazioni dove si deve fare fallo. Alla Juve non si può concedere occasioni così. Dobbiamo reagire dal punto di vista mentale, perché una sconfitta così può portare scorie". Fino all'acuto finale: "Le partite più complicate le abbiamo fatte in trasferta, chiaramente dobbiamo migliorare nei big match e nei gol presi. La Juve ha tirato 3 volte in porta e ha fatto 2 gol". In questa carrellata di frasi, estrapolate in parte dalle interviste concesse alle tv e dalla conferenza stampa, c'è tutto il campionario dell'Inzaghi pensiero. Vi sfidiamo a rileggere le sue parole dopo le altre sconfitte nei match decisivi di questa e della passata stagione e a trovare i punti di convergenza. E se - a sua parziale scusante - una partita come quella con la Juve avrebbe effettivamente potuto prendere un'altra direzione se Dzeko e Dumfries avessero concretizzato le chance dei primi 45', è altrettanto vero che se certi episodi continuano a ripetersi, un motivo ci sarà.

    NESSUNA EVOLUZIONE - Anche spostando l'analisi sul piano tattico, le reazioni di Inzaghi ai momenti di difficoltà nel corso delle partite non convincono. Sotto di un gol allo Stadium, l'allenatore dell'Inter ha varato una versione a trazione ultra-offensiva della squadra, mantenendo in campo tre attaccanti e facendo saltare i già fragili e delicati equilibri esistenti. E anche in questo caso i precedenti aiutano a comprendere come la lettura delle partite e la difficoltà nella gestione delle sostituzioni siano limiti che periodicamente tornano a galla. Qui non si tratta di fare per forza confronti coi suoi illustri predecessori ma di prendere atto di un'evoluzione che, al secondo anno alla guida di una formazione di livello superiore rispetto alla Lazio, ancora non c'è stata. Sul piano della gestione tecnica e psicologica di un gruppo che, come si diceva, è lo specchio di chi sta in panchina.

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