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  • Ibra come Godot, i punti esclamativi diventano interrogativi: l'azzardo di Maldini e Massara può costare caro

    Ibra come Godot, i punti esclamativi diventano interrogativi: l'azzardo di Maldini e Massara può costare caro

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Maignan kappaò e Theo Hernandez alle prese con il Covid. Non si può dire che la sosta abbia aiutato Pioli a preparare nel modo migliore la prossima sfida di campionato contro il Verona e soprattutto quella decisiva, subito dopo di Champions, contro il Porto. Come se non bastassero questi ultimi guai, si allontana il tanto atteso ritorno di Zlatan Ibrahimovic. Doveva essere la sua stagione perché a 40 anni, festeggiati due domeniche fa nel giorno in cui il Milan ha vinto sul campo dell’Atalanta, l’attaccante svedese voleva dimostrare di essere un record di longevità, trascinando i rossoneri allo scudetto. Come non detto, invece, perché prima e dopo il suo compleanno Ibrahimovic ha trasformato suo malgrado tutti i punti esclamativi, che avevano sempre accompagnato le sue imprese con qualsiasi maglia, in altrettanti punti interrogativi a cominciare da quello più importante. E cioè: quando tornerà in campo a tempo pieno, dall’inizio e non soltanto in panchina? E soprattutto: quante partite giocherà sino al termine della stagione? E ancora: questo sarà il suo ultimo anno, o continuerà a sfidare la legge del tempo come il suo vecchio compagno Gianluigi Buffon?

    I fatti, che contano più delle parole e delle speranze, dicono che nel campionato scorso Ibrahimovic è stato in campo soltanto 19 volte, la metà esatta delle gare di campionato. Quest’anno le premesse non incoraggiano previsioni migliori, perché fin qui il Milan ha giocato sette gare di campionato e due di Champions e Ibrahimovic non è mai sceso in campo dall’inizio, anche se quando è entrato dalla panchina contro la Lazio ha segnato subito il gol del 2-0. Siccome ormai è certo che non giocherà nemmeno sabato contro il Verona, le gare in cui non è stato titolare salgono a dieci. Radio Milanello, che per dovere societario diffonde sempre notizie ottimistiche, fa sapere che Ibrahimovic potrebbe essere disponibile per la gara successiva di Champions di martedì prossimo contro il Porto, ricalcando lo stesso copione purtroppo già smentito più volte dall’inizio della stagione. Quante volte, infatti, dopo l’operazione che gli aveva impedito di finire il campionato scorso, abbiamo letto e sentito le frasi: "Sarà pronto per la ripresa del campionato", oppure "Tornerà dopo la sosta per le nazionali".

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    Continui rinvii, appunto, che stanno trasformando Ibrahimovic nel nuovo Godot del Milan e dell’intero campionato, ma che al tempo stesso suggeriscono un altro interrogativo da rivolgere a Gazidis, Maldini, Massara e a tutti i rappresentanti del fondo Elliott. Perché, cioè, i dirigenti rossoneri hanno puntato ancora su Ibrahimovic, malgrado i suoi problemi fisici già evidenziati l’anno scorso? E soprattutto perché come sua alternativa, o compagno, hanno puntato su Giroud, che ha appena compiuto 35 anni ed era reduce da una stagione più in panchina che in campo, sia con il Chelsea sia con la nazionale francese? Covid a parte, che come si è visto blocca anche i giovani come Hernadez, Giroud è stato fermo per acciacchi vari, segnando soltanto due gol di cui uno su rigore, contro il Cagliari ultimo in classifica e a quanto pare non partirà titolare nemmeno sabato contro il Verona.

    Dietro i due grandi stranieri, come terza punta di scorta ci sarebbe Pietro Pellegri, 20 anni, prelevato dal Monaco, ma anche lui arrivato dopo una stagione piena di guai fisici tanto è vero che non è stato nemmeno inserito nella lista Uefa per la Champions. E’ vero che Rebic, Maldini, Leao e persino Calabria hanno segnato gol da centravanti, ma non si può pensare di vincere lo scudetto senza una punta vera, o meglio ancora due, su cui fare pieno affidamento a livello fisico. Un errore di programmazione che potrebbe costare caro alla distanza. Gli ultimi diversi kappaò di Maignan ed Hernandez, infatti, sono i classici brutti scherzi della sfortuna, impossibili da immaginare. Le assenze prolungate di due ultratrentenni nello stesso delicatissimo ruolo di attaccante centrale, invece, sono la conseguenza di scelte rischiose. In base al senno di prima e non al più facile senno di poi. 
     

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