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  • Il calcio contro Spadafora, i perché dello scontro. 10 club a rischio, De Laurentiis: 'Addio alle medio-piccole'

    Il calcio contro Spadafora, i perché dello scontro. 10 club a rischio, De Laurentiis: 'Addio alle medio-piccole'

    • Andrea Distaso
    Il calcio è in rivolta contro il Governo Conte e si scaglia in particolare contro il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, reo di aver espresso nelle ultime 48 ore posizioni decisamente ostili nei confronti del mondo del pallone e della tanto sospirata ripresa dell'attività. La Lega di A ritiene che sia stato disatteso il patto sottoscritto in occasione dell'ultimo incontro con i rappresentanti dell'esecutivo sulla data del 4 maggio per la ripresa degli allenamenti - seppur in maniera individuale o a piccoli gruppi - differita al 18. E su questo accordo, Spadafora ha replicato nella tarda serata di ieri alla presa di posizione critica della Lega riportata da un'agenzia Ansa, smentendo di aver concordato alcunché.

    RISCHIO FALLIMENTO - Quello che inquieta maggiormente i club del massimo campionato e la Federcalcio rappresentata da Gravina è l'assoluta mancanza di certezze su quello che avverrà nelle prossime settimane, dalla possibilità che dal 18 maggio le squadre possano prevedere già sessioni di allenamento di gruppo alla data sulla ripresa del campionato, che per le società non può slittare oltre il prossimo 14 giugno se si vuole rispettare il limite imposto dalla Uefa dei primi giorni di agosto per concludere tutto. I presidenti di Serie A sono terrorizzati dalla prospettiva di non riprendere che, unita alla concreta possibilità di iniziare la nuova stagione a porte chiuse, metterebbe a serio rischio la continuità aziendale di 10 società su 20. Come riporta un documento che circola tra i patron e di cui riferisce La Repubblica. "Il Covid finirà per far sparire quelle squadre medio piccole che vivono sopra le proprie possibilità", aveva sintetizzato il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis nell'ultima Assemblea di Lega, scatenando le ire del collega genoano Enrico Preziosi

    QUANTI DUBBI - Il 25% in meno di perdite, considerando i mancati incassi dagli abbonamenti, e col nodo dei contratti con le tv ancora da sciogliere. Se il calcio ne fa una questione economica, dietro le forti perplessità espresse dalla politica ci sono le incognite sollevate dal comitato tecnico-scientifico consultato dal Governo. Sono principalmente 4 i punti sui quali non c'è ancora convergenza con la Federazione, invitata a correggere il protocollo di sicurezza presentato nei giorni scorsi e per il quale giovedì è previsto un nuovo round. Il numero di persone coinvolte nell'attività di una singola squadra (tra le 50 e le 70, considerando anche staff tecnici, magazzinieri, medici, fisioterapisti, personale logistico) viene ritenuto troppo alto. Al secondo posto ci sono le trasferte, giudicate allo stato attuale un fattore di rischio elevato e poi arrivano le incognite legate ai tamponi e ai test sierologici, sia per una questione di disponibilità che di costi, con i secondi che sarebbero sostenibili per i club di Serie A, assolutamente no per quelli di B.

    E SE C'E' UN POSITIVO? - Infine, in occasione della riunione di mercoledì scorso tra i medici delle squadre e Spadafora, è emersa una visione diametralmente opposta circa l'eventuale gestione di un calciatore positivo: il protocollo FIGC prevede l'isolamento immediato per il soggetto in questione, doppio tamponi per tutti gli altri componenti del gruppo squadra nelle 24 ore successive, doppio test sierologico a 5-7 giorni e ripristino del distanziamento, mentre il comitato tecnico-scientifico opta per la quarantena per tutte le persone che hanno avuto contatti col positivo e imporrebbe una sospensione dell'attività per due settimane.

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