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  • Il caso di Martino Scialpi e di un 13 mai pagato

    Il caso di Martino Scialpi e di un 13 mai pagato

    È stato inviato da Martino Scialpi, vincitore nel 1981 d’una schedina miliardaria riconosciuta autentica ed esigibile in sede processuale, un atto di precetto al Coni a norma dell’articolo 480 del Codice di procedura civile. Attraverso questo atto il tredicista, difeso dall’avvocato Guglielmo Boccia del foro di Taranto, intima all’ente gestore del Totocalcio, nella persona del suo attuale presidente e legale rappresentante pro tempore Giovanni Malagò, di versare in suo favore la somma di 2.604.823,59 euro.
     
    È una somma, comprensiva degli interessi legali e delle spese processuali, riconosciuta un anno fa a Martino Scialpi da un’ordinanza del Tribunale di Roma nell’ambito della complessa vicenda inerente la vincita da lui conseguita nel concorso del Totocalcio del 1 novembre 1981. Com’è noto, il Coni si è sempre rifiutato di riconoscerla nonostante una sentenza irrevocabile del Tribunale di Taranto dell’87 e una sentenza della Corte di Cassazione del 1991 che ribadiscono il diritto di Scialpi a essere pagato. L’ente ha infatti sempre sostenuto di non aver rinvenuto nel suo archivio corazzato di Bari la matrice della schedina giocata, per cui, a norma del regolamento del Totocalcio, non riconosce la vincita. Non ha però mai prodotto i verbali delle commissioni che sovrintendono alle diverse operazioni riguardanti le schedine giocate. Quei verbali costituiscono, a norma dello stesso regolamento del Totocalcio, l’elemento probatorio essenziale e determinante per stabilire se è vero quello che lo stesso Coni sostiene.
     
    L’avvocato Boccia, scherzando ma non troppo, dichiara: «In un’epoca in cui perfino l’unico sovrano ritenuto infallibile per dogma nelle questioni della religione cattolica, il Papa, cerca di ricondursi a un normale sistema di relazioni umane, il Coni non può pretendere di farsi considerare infallibile per dogma nella gestione del Totocalcio. Se in trentadue anni l’ente non ha prodotto quei verbali nonostante le sentenze d’un tribunale e della Cassazione contrarie alle sue pretese, è ragionevole pensare che non esistano e non tocca a me spiegarne la ragione. Il dato di fatto è l’aver sottratto per trentadue anni a un uomo come tanti una somma che gli avrebbe consentito una gestione più serena della sua vita e di quella dei suoi familiari, che invece il Coni, con accuse infondate e carte false, ha reso complicata e dolorosa. Oggi ci stiamo avvicinando all’epilogo della vicenda grazie a un quadro probatorio che per noi è chiarissimo. Ci aspetteremmo quindi che il neo presidente del Coni, che non ha alcuna responsabilità rispetto alle malefatte di altri, prenda atto della situazione e cerchi di rimediare, intervenendo come sarebbe sua prerogativa istituzionale, a un torto gravissimo reiterato nel tempo al signor Scialpi e alla sua famiglia».    
     
    Martino Scialpi, insieme all’avvocato Boccia, racconterà la sua storia nella conferenza stampa fissata a Roma il 9 luglio, e non più il 2 come precedentemente comunicato. La conferenza stampa avrà per titolo: Verità nascoste, giustizia falsata: un regolare tredici al Totocalcio negato da 32 anni, il calvario di un uomo e della sua famiglia. Ulteriori comunicati stampa, a  partire da lunedì 1 luglio, approfondiranno e aggiorneranno i contenuti della vicenda.

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