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  • Dzeko, un anno fa il no al Chelsea: dove sarebbe la Roma con Schick e Giroud?

    Dzeko, un anno fa il no al Chelsea: dove sarebbe la Roma con Schick e Giroud?

    • Paolo Franci

    Un anno fa di questi tempi, la Roma lavorava alla cessione di Edin Dzeko. Sì, ricordate? Al Chelsea. Mossa ancor oggi incomprensibile, considerando le alternative poco affidabili in quel momento, Schick - ancor oggi a caccia di una dimensione solida a Trigoria o - si diceva all'epoca, Giroud, certo non uno che segna a raffica. Anzi; 1500 minuti circa, giocati nelle ultime due stagioni e mezza, con 8 gol all'attivo in Premier League. Per fortuna e, si narra, anche per il pressing della signora Dzeko, Edin è rimasto.

    Diciamolo: dove sarebbe arrivata la Roma senza di lui, con Schick e, magari Giroud? Difficile dirlo, ma un'idea ce la siamo fatta. Perché Edin ha trascinato la squadra sdoppiandosi nel ruolo di finalizzatore e ispiratore, pur orfano del gemello Salah. E quel 'no' alla ricca Premier League, oltre che salvare il club di Trigoria da un harakiri come non se ne vedono da tempo, ha fatto del Cigno di Sarajevo, come lo chiamano dalle nostre parti, un idolo indiscusso e indiscutibile per la tifoseria. Uno che in Champions ha suonato la rumba a chiunque, dalla nobile porta di Liverpool e Barcellona, alle quali ha segnato sia all'andata che al ritorno, da quella del Chelsea fino al piccolo Qarabag, Dzeko ha scritto la storia della Roma. Non quella che finisce negli almanacchi, perché la Roma non ha vinto nulla, tantomeno in Europa, ma nel cuore e nella testa di gente che, tra quarant'anni, racconterà a figli e nipoti che quella notte all'Olimpico contro il Barcellona «io c'ero».


    Un anno dopo la Grande Paura dell'addio del Cigno, lui è tornato. Vero, non segna dal 23 ottobre contro il Cska (doppietta), ha sfondato la porta solo sette volte, due in campionato e cinque in Champions, ma è anche vero che è rimasto fermo a lungo per infortunio. E in ogni caso, a Parma s'è visto come la squadra di Di Francesco con Dzeko in campo sia un'altra cosa rispetto a ogni possibile alternativa. La domanda è: questi saranno gli ultimi mesi di Dzeko alla Roma? (Occhio, sempre che non ci riprovino in questo lungo mese di mercato eh!?) Probabile, soprattutto se Schick proseguirà nella fase di decollo iniziata di recente(issimo) con il Sassuolo. D'altra parte Edin ha 33 anni, un contratto pesante fino al 2020 a 4,5 milioni a stagione e pensare a un affettuoso addio a fine stagione è tutt'altro che un gioco di fantasia. A meno che non decida, magari, di spalmarsi l'ingaggio e restare qui, dove la gente lo ha prima sbeffeggiato, quando proprio non riusciva a metterla dentro, poi ammirato e amato senza mezze misure, eleggendolo a simbolo laddove i simboli del pallone - non solo a Roma – ormai si vendono un tanto al chilo. Lo chiamano calcio moderno e a molti piace così com'è.

    E confesso che, quando mi hanno chiesto in un collegamento radio se mi piacerebbe lo scambio con l'attuale Higuain, stuzzicato dalla fame di grandi giocatori che a Roma, diciamolo, passano raramente, mi sono fatto ingolosire. E ho detto sì. Perché a me il Pipita piace. Ho ragionato solo in termini di novità e tecnici, considerando che parliamo di Higuain, mica di uno qualunque. Poi però ci ho ripensato, ripassando nella memoria cosa il Cigno abbia rappresentato per la Roma e mi sono reso conto che uno come lui ti capita una volta ogni vent'anni. Se ti va bene.

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