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  • Romamania: a Udine il capolavoro di Fonseca, più forte di arbitri e sfortuna

    Romamania: a Udine il capolavoro di Fonseca, più forte di arbitri e sfortuna

    • Paolo Franci
    «Io vorrei una squadra che vende cara la pelle. Una squadra cattiva lucida sempre in partita. Credo che Fonseca possa farcela». Commentando quanto avevo scritto su Roma-Milan, un lettore che di nickname fa 'vxl 77431', ha lasciato la sua letterina di Natale. Un 'vorrei' asciutto, neanche troppo pretenzioso, con un chiaro richiamo al massimo impegno, se possibile tre metri sopra le possibilità di ciascun giocatore. In fondo, una richiesta lecita e misurata: chiedere alla propria squadra di dare tutto quel che ha. Nient'altro.

    La Roma di Udine, non solo deve aver soddisfatto l'amico 'vxl', ma deve avergli fatto strabuzzare gli occhi, così come capitato a molti di noi. Vero, si giocava contro l'Udinese che ne aveva appena presi sette dall'Atalanta e certamente non la squadra più forte di tutte. Però, quello spettacolo, quello show dirompente chi se lo aspettava? Con una squadra che deve fare a meno di 7 giocatori per infortunio e in dieci dopo mezz'ora. Difficile non complicarsela no? E invece la Roma è stata potente, famelica, implacabile. In tutto questo, c'è il lavoro di Fonseca che a Udine ha firmato il suo miglior capolavoro da quando è arrivato a Roma. E non per il risultato, pur straordinario, ma per quella pazza idea di attaccare l'area avversaria ad ogni palla commestibile, consapevole di una superiorità tecnica che in qualche modo bisognava sfruttare. Quanti allenatori avrebbero rinsaldato le asole per abbottonare al meglio la difesa e che il Signore ce la mandi buona? Lui no. Fonseca no. Anzi, ha suonato la carica convinto che mai avrebbe fatto la fine di quel poveretto del generale Custer. E così, sono arrivate le tante occasioni, i gol, quell'inebriante sensazione di strapotere che è valsa il sorpasso al Napoli, attesissimo ora nella sfida di sabato prossimo. Una sfida da affrontare con lo stesso coraggio mostrato a Udine, accompagnato però dalla consapevolezza di essere squadra aldilà di infortuni, arbitraggi perlomeno poco fortunati e quel pizzico di buona sorte che da queste parti s'è visto raramente.


     

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