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Il 'Decreto Crescita' aiuta la Serie A, non la Nazionale: conviene comprare uno straniero rispetto a un italiano

Il 'Decreto Crescita' aiuta la Serie A, non la Nazionale: conviene comprare uno straniero rispetto a un italiano

  • Dario Donato
    Dario Donato
Si potrebbe dire che è il Dark Side of The Moon. Meglio, il Dark Side del Decreto Crescita.

In vigore dal 1° maggio, i nuovi incentivi fiscali rendono ancora più appetibile e più ampio il regime che da qualche anno mira ad attrarre in Italia "capitale umano" (articolo 16 del Dlgs 147/2015). Si va oltre il cosiddetto “rientro dei cervelli”, perché l’agevolazione è alla portata di tutti quelli – cittadini italiani o stranieri senza particolari qualifiche e anche mai residenti in Italia – che si trasferiranno dal 2020. E’ necessario solo che abbiano risieduto fuori dal nostro paese nei due anni precedenti.

La quota di reddito soggetto a tasse scende dal 50 al 30% e si semplificano i requisiti d’accesso. L’agevolazione si applicherà a tutti i lavoratori - su redditi da lavoro dipendente, autonomi e anche di impresa - che non siano stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti e che si impegnino a risiedere per almeno due anni e a svolgere prevalentemente attività lavorativa in Italia. L'agevolazione dura per cinque anni. Altra novità riguarda la possibilità di proroga per ulteriori cinque periodi d’imposta (seppure nella misura ridotta del 50%) in presenza di determinate circostanze (figlio minorenne o a carico, acquisto di un’abitazione in Italia successivamente al trasferimento o nei 12 mesi precedenti). Tutte condizioni abbastanza semplici da ottenere. La riduzione sale a un clamoroso 90% per i lavoratori che decidono di trasferire la residenza nel Mezzogiorno.

E’ stata letta, giustamente, come una grande opportunità per tanti settori dell’economia, compreso il calcio.

A partire dalla prossima sessione di calciomercato potrebbero tornare in Italia non solo allenatori come Conte o calciatori come Verratti, fuori confine da oltre un biennio, ma anche una platea potenzialmente enorme di giocatori stranieri.

Perché dovrebbero rientrare? Perché se fino a oggi, in Italia, una società che paga 10 milioni lordi un calciatore in realtà gliene versa circa 5 al netto, con le nuove regole un giocatore straniero di 10 milioni lordi pagherebbe tasse solamente su 3 milioni (1,5 netti circa) e altri 7 gli rimarrebbero puliti in tasca. Ovvero, dove una volta avrebbe guadagnato 5 milioni, adesso ne potrebbe guadagnare 8,5. Se andasse a giocare a Napoli o in altre piazze del Sud potrebbe arrivare addirittura a 9,5. Con un incremento strabiliante, che dalla prossima estate potrebbe spingere a voler approdare in Italia tantissimi giocatori top class.

Come si diceva, però, bisogna analizzare anche il rovescio della medaglia. Come sappiamo i calciatori e allenatori hanno sempre ragionato sui loro stipendi pensando al “netto”, con buona pace dei club, sempre più oberati dai conti e senza la possibilità di attrarre professionisti di primissimo piano.

Gli stessi club adesso, invece, potrebbero guidare la riscossa.

Ad esempio, oggi Dybala costa alla Juventus circa 13 milioni lordi all’anno per garantirgliene 6,5. Se sbarcasse sul pianeta bianconero con la nuova disciplina fiscale quei 13 milioni diventerebbero circa 7,5 con un risparmio quasi della metà. E con benefici su bilancio e monte ingaggi che potrebbero risolvere molti problemi in chiave Fair Play.

Facciamo un passo ulteriore avanti. 

Poniamo che questa estate un club italiano voglia acquistare Federico Chiesa garantendogli un ingaggio top da 5 milioni di euro per 5 anni. L’operazione costerebbe 50 milioni solo di emolumenti. Aggiungendo ipotetici 50 milioni di cartellino, la manovra complessiva varrebbe 100 milioni.

Giocatori come Malcom del Barcellona o David Neres dell’Ajax hanno valutazioni di cartellino simili a Chiesa (qui non si vuole sindacare su chi sia più forte, ma solo sulla loro equiparabilità).

Per garantirgli uno stipendio uguale, essendo stranieri residenti fuori dall’Italia, la squadra italiana dovrebbe versare 6 milioni lordi complessivi, con un risparmio di 4 all’anno. Moltiplicato per 5 anni significherebbe un risparmio di 20 milioni di euro. Un 20% secco, comprendendo il cartellino. Un 40% in meno se consideriamo solo l’ingaggio.

Prendiamo però anche giocatori dalle quotazione più basse, ad esempio Lazzari, che potrebbe essere una delle pedine calde del prossimo mercato estivo. 

Supponendo che possa valere circa 20 milioni il suo cartellino, per garantirgli uno stipendio da 2,5 milioni annui per 5 anni un club dovrebbe investire 45 milioni.  
Perché non puntare allora, mera ipotesi, su Saint-Maximin del Nizza? Il suo cartellino vale circa 10 milioni in più, ma l’operazione sarebbe fattibile più o meno investendo la stessa cifra, visto che per garantirgli lo stesso stipendio bisognerebbe versargli 3 milioni al posto di 5, con un risparmio di 10 in 5 anni.

E questo discorso, a cascata, si potrebbe applicare a tutti i giocatori italiani (o stranieri residenti in Italia da più di 2 anni) Vs coloro che al momento sono all’estero.

Questo significa che i club italiani, dal 1° maggio scorso, hanno un incentivo enorme, tangibile, misurabile, a comprare calciatori all’estero piuttosto che in Italia. Questo nuovo sistema fiscale contenuto nel Decreto Crescita certamente potrà importare in Serie A campioni che fino ad oggi sono gravitati su costellazioni tecniche e di valutazione diverse, ma il Dark Side della questione è il fatto che i calciatori italiani rischiano di restare prigionieri della loro antieconomicità fiscale.

Secondo l’avvocato Antonio Tomassini - responsabile del dipartimento tax di DLA Piper – interpellato da Calciomercato.com, la nuova normativa (anche se bisogna attendere la legge di conversione entro il 29 giugno che potrebbe prevedere dei correttivi) va accolta con favore in termini generali, perché la leva della concorrenza fiscale (che resiste al vaglio di costituzionalità soprattutto per il suo carattere di temporaneità) può attrarre in Italia capitale umano e con esso investimenti e consumi, andando ad intercettare gettito che altrimenti non arriverebbe. 

Detto ciò, è chiaro che per il mondo del calcio si rischia di creare un dumping fiscale a favore dei nuovi stranieri rispetto agli italiani. 

La domanda sorge soprattutto in chiave Nazionale. Perché i giocatori italiani rischiano di rimanere ai margini, con un mercato che rischia di cristallizzarsi o comunque di diventare molto meno fluido, ad eccezione ovviamente dei giocatori dalle qualità difficilmente replicabili.

Un effetto collaterale – aggiunge l’Avv. Tomassini – che tuttavia non fa cambiare il mio giudizio positivo sulla novella, che abbraccia tanti settori e che, anche per il calcio, può contribuire a far tornare a casa talenti emigrati.

Ad esempio Antonio Conte, piuttosto che Marco Verratti ed altri.

Si noti che questo non vuol essere né un discorso sovranista né tantomeno di protezione dei confini pallonari dall’assalto dei nuovi passaporti. Ben venga. I campi restino aperti, per tutti. Però perché i club di Serie A dovrebbero investire sui calciatori italiani se con gli stessi soldi possono comprare giocatori provenienti dall’estero più forti (risparmiando poi sull’ingaggio) oppure potrebbero risparmiare e basta acquistando, comunque, profili simili?

Secondo l’Avv. Tomassini - vi sono modifiche che potrebbero essere apportate dalla legge di conversione. tra quelle suggerite la più rilevante dovrebbe prevedere una estensione dei maggiori benefici previsti dal nuovo regime anche a coloro che - già fruitori della vecchia agevolazione - abbiano trasferito la residenza in italia anteriormente al periodo di imposta 2020 per i periodi di imposta residui in cui spetta l’agevolazione. Questa modifica riguarderebbe i lavoratori altamente qualificati che già potevano fruire dei benefici e che diversamente sarebbero ingiustificatamente discriminati. Per gli sportivi se si volessero estendere i benefici a chi già gioca in italia si dovrebbe invece prevedere espressamente che il beneficio si applica anche a chi si è trasferito ante 2020 (e ovviamente comunque fruirà degli sgravi per i periodi di imposta futuri). 

Restano i casi alla Cristiano Ronaldo che, guadagnando cosi tanto da proventi di immagine esteri, preferisce beneficiare della cosiddetta “norma Paperoni” che tassa i proventi esteri con un’imposta sostitutiva di 100.000 euro, mentre i redditi generati in Italia sono soggetti ad aliquota ordinaria. Questo caso, però, può convenire a CR7 perché è una multinazionale che genera profitti enormi anche oltreconfine, per tutti gli altri giocatori stranieri di fascia più bassa potrebbe convenire la nuova norma approvata con il Decreto Crescita. 

Ma cosa ne pensa il Sottosegretario con deleghe allo Sport Giorgetti della diversità di trattamento fiscale con cui si troverebbero a misurarsi i giocatori già residenti in Italia? E il ministro dell’Interno Salvini, appassionatissimo di Milan? (segnalategli che anche Balotelli potrebbe godere dei benefici da rimpatrio fiscale, chissà se sarà felice).

Forse è il caso che il quadro venga ben tracciato anche al commissario tecnico Roberto Mancini perché il suo ruolo di guida di una nazionale sempre più giovane rischia di avvilupparsi su sé stesso o essere comunque fortemente condizionato da un nuovo sistema che tende a privilegiare gli stranieri agli italiani. Più per motivi economici che tecnici.

Insomma, in tanti settori dell’economia italiana il Decreto Crescita potrà sicuramente spingere a una maggiore competitività del sistema, all’attrazione di nuovi talenti ma, soprattutto, all’intercetto da parte dell’Agenzia delle Entrate di tasse che in Italia non sarebbero mai arrivate (non poco per un paese che lotta costantemente con il deficit di bilancio).

Al rientro dei cervelli si affiancherà così di certo anche il rientro dei piedi buoni, italiani e non.

Resta da vedere, poi, se rimanga a quel punto spazio per coltivarne o farne maturare di buoni a casa nostra

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